Vincenzo Frattini. La dipendenza sensibile alle condizioni iniziali


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Vincenzo Frattini, Senza titolo 23-17, Colore acrilico scolpito su legno, 25,5x52x24 cm

Con diciassette tra opere a parete, sculture, installazioni e video che tracciano l’evoluzione degli ultimi dieci anni di lavoro di Vincenzo Frattini (Salerno, 1978), al Castello Aragonese di Ischia (NA), fino al 17 giugno è ospitata una mostra dell’artista salernitano intitolata “La dipendenza sensibile alle condizioni iniziali”, realizzata a cura di Valeria D’Ambrosio, promossa e organizzata dagli Amici di Gabriele Mattera, e in collaborazione con la Galleria Giovanni Bonelli.

La mostra trae ispirazione dalla teoria scientifica del caos reinterpretando, da un punto di vista estetico e tecnico, i complessi meccanismi che governano le leggi naturali nel tentativo di rintracciare lo scorrere della vita umana e di fornire un’esperienza diretta della realtà, attraverso la relazione sensibile tra forma e colore.

Il perno concettuale è la nozione di “Dipendenza sensibile alle condizioni iniziali” teorizzata dal meteorologo Edward Lorenz, ossia quel concetto per cui un minimo spostamento di molecole d’aria in un dato luogo può provocare, a distanza di tempo e spazio, un evento di portata estremamente maggiore. Meglio nota come The Butterfly Effect, tale teoria si basa su un attento studio dei sistemi complessi e apparentemente caotici che ha portato alla definizione di un punto di vista nuovo e positivo sul caos, inteso come informazione massima, come fonte e presenza di tutto, piuttosto che come assenza di ordine.

Ed è in quest’ottica che l’esposizione aspira a reinterpretare la teoria del caos tramite le arti visive, attraverso un approccio antologico alla produzione di Frattini. L’allestimento, che per la prima volta supera i confini tradizionali della Chiesa dell’Immacolata per espandersi verso luoghi meno canonici ma ugualmente suggestivi del Castello, vede susseguirsi le opere in un variegato gioco di sospensioni che restituiscono una visione globale ma diversificata della pratica dell’artista.

Se lo spazio della chiesa sconsacrata si pone, infatti, come sintesi della sua intera produzione, il Cimitero delle Clarisse, i cortili, gli scorci sul mare e persino le prese d’aria del Castello si presentano progressivamente come una naturale scenografia in cui tentare di definire un paradigma artistico di quel disordine ordinato che è la vita.

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