La Biennale di Architettura sarà Freespace


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Yvonne Farrell e Shelley McNamara di Grafton Architecs, le due curatrici della 16ma edizione della Mostra Internazionale di Architettura.

Si sono da poco spenti i riflettori su “Viva Arte Viva”, la 57ma edizione dell’Esposizione Internazionale d’Arte diretta da Christine Macel, ma alla Biennale di Venezia sono già al lavoro per allestire la sedicesima Mostra Internazionale di Architettura che si svolgerà dal 26 maggio al 26 novembre prossimi ai Giardini, all’Arsenale e in vari luoghi della città lagunare. L’istituzione presieduta da Paolo Baratta ha nominato come curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara che hanno scelto come titolo “Freespace”, ovvero spazio libero.

I nomi di Yvonne Farrell e di Shelley McNamara sono noti da circa un anno. Ma chi sono e cosa hanno fatto i due talenti irlandesi? Laureate all’University College di Dublino, dove insegnano dal 1976, nel 1978 hanno fondato Grafton Architects, lo studio che ha dato vita ai loro più celebri progetti, focalizzati soprattutto su edifici pubblici e scolastici, come il Trinity College e lo stesso University College, l’Università di Limerick e, di recente, quella di Tolosa. In Italia hanno lavorato all’ampliamento della Bocconi a Milano (2002-2008) che si inserisce perfettamente nel contesto urbano grazie all’inserimento della lunga parete vetrata che crea un continuum spaziale tra esterno ed interno dove i percorsi pubblici sono ricavati sotto i blocchi dei dipartimenti e degli uffici.

L’esempio milanese riassume bene il tema scelto per la prossima Biennale. Sia per il suo slancio verso il futuro che per il rispetto del passato. Oggi infatti sempre più spesso si richiede all’architettura di ridisegnare la preesistenza, cioè di intervenire e di rinnovare luoghi già vissuti o di farli rivivere nuovamente. Aspetto ancora più evidente in città dalla forte connotazione storica come quelle italiane. «Freespace abbraccia la libertà di immaginare lo spazio libero di tempo e memoria, collegando passato, presente e futuro, costruendo sulle stratificazioni della nostra eredità culturale, legando l’arcaico e il contemporaneo».

Si ritorna insomma a un uso sociale dell’architettura, proseguendo sul percorso tracciato dal Movimento Moderno e per certi versi tradito dal Postmoderno. Ma non è soltanto una questione di linguaggio, bensì di dialogo costante con l’ambiente e con il contesto. «Siamo convinti che tutti abbiano il diritto di beneficiare dell’architettura – queste le parole di Yvonne Farrell e Shelley McNamara –. Il suo ruolo, infatti, è di offrire un riparo ai nostri corpi e di elevare i nostri spiriti. Ciò che ci interessa è andare oltre ciò che è visibile, enfatizzando il ruolo dell’architettura nella coreografia della vita quotidiana». E ancora: «Consideriamo la Terra come un Cliente. Questa visione implica una serie di responsabilità a lungo termine. L’architettura è il gioco di luce, sole, ombra, luna, aria, vento, forza di gravità con modalità che rivelano i misteri del mondo e tutte queste risorse sono gratuite».

Probabile quindi che la prossima Biennale di Architettura sarà nel segno della continuità con ciò che è stato (“La presenza del passato” per citare Paolo Portoghesi, curatore della prima edizione nel 1980), ma con una dose di ottimismo ragionato su scala globale. Così tutti i Paesi invitati saranno chiamati a riflettere sul loro “Freespace”. Ognuno lo declinerà in maniera diversa, «in modo che insieme si possa rivelare la diversità, la specificità e la continuità nell’architettura sulla base delle persone, del luogo, del tempo e della storia, per promuovere la cultura e l’importanza dell’architettura in questo pianeta dinamico».

Generosità di spirito, senso di umanità, capacità di offrire spazi liberi e supplementari, agibilità dei progetti pubblici e privati, valorizzazione delle risorse naturali e artificiali, riesame del modo di pensare comune, democratizzazione delle opportunità, libero scambio tra edifici e fruitori. Questo e altro ancora è ciò che attende il visitatore che si accingerà a varcare la soglia di “Freespace”. Un coinvolgimento emotivo e intellettuale che proverà a svelare la complessa essenza dell’architettura.

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