Sottsass inedito allo CSAC di Parma


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Ettore Sottsass Junior, Scuola elementare a otto aule, Siliqua, 1951-52

Era il 1979 quando Ettore Sottsass decise di donare allo CSAC (Centro Studi e Archivio della Comunicazione) di Parma ventiquattro sculture e ben quattordicimila tra schizzi, bozzetti e disegni. Allora lo CSAC, fondato nel 1968 da Arturo Carlo Quintavalle e dal suo staff, si trovava ancora in città nel palazzo della Pilotta, mentre dal 2007 ha spostato la sua sede presso l’Abbazia cistercense di San Martino dei Bocci o Valserena dove trovano maggior spazio i circa dodici milioni di pezzi custoditi, suddivisi nelle sezioni Arte, Fotografia, Media, Progetto, Spettacolo. In occasione del centenario della nascita del designer lo CSAC ha promosso una mostra che verrà inaugurata sabato 18 novembre dal titolo “Ettore Sottsass. Oltre il design” e che proseguirà fino all’8 aprile 2018.

L’esposizione, frutto di una stretta e proficua collaborazione tra storici dell’architettura, del design e dell’arte contemporanea, designer e archivisti – testimonianza tangibile di come in Italia si possano creare mostre che coniughino ricerca, tutela e valorizzazione, senza voler a tutti i costi scomodare la nefasta spettacolarizzazione dell’arte –, è costituita da settecento pezzi appositamente selezionati e allestiti seguendo un percorso cronologico che parte da un disegno del 1922. «Il titolo della mostra rimanda alla pratica di lavoro propria di Sottsass, che travalica la specificità della sua attività di designer verso una visione più allargata, in cui il disegno ha una centralità assoluta, come strumento di progettazione ma prima e soprattutto come momento di riflessione e di verifica formale», spiegano i responsabili scientifici.

Nel catalogo (Silvana Editoriale), che riassume il lavoro di catalogazione e digitalizzazione dell’archivio, sono presenti i saggi di Francesca Zanella, Marco Scotti, Elisabetta Modena, Marta Sironi, Giulia Daolio, Simona Riva, Francesca Balena Arista, Elisa Boeri, Giampiero Bisoni, Federico Bucci, Milco Carboni, Chiara Fauda Pichet, Chiara Lecce, Emanuele Piccardo, Marcella Turchetti e Marina Vignozzi Paszkowski. Grafica e allestimento della mostra a cura di Daniele Ledda e di Elisabetta Terragni.

Tradendo la sua natura schiva, che a ben vedere era già scritta nel suo cognome (letteralmente “sotto il sasso”, dove il sasso è riparo dell’essenziale), Ettore Sottsass è stato un demiurgo, «giudice supremo tra forma e funzione, estetica e tecnica». Autore di oggetti come il calcolatore Elea (1957) e le macchine da scrivere Praxis (1964) e Valentine (1969), Sottsass, per rispondere all’interrogativo di quale fosse la funzione finale del design in un momento storico contraddistinto dalla crisi e dalla frammentazione delle narrazioni, darà vita nel 1976 allo studio Alchymia, insieme ad Alessandro Mendini, Michele De Lucchi e Andrea Branzi. Tutti erano guidati da un’intuizione semplice, ma rivoluzionaria per l’epoca: era la forma stessa a proporsi come decorazione, assecondando la sua funzione. Gli oggetti di Alchymia non badavano troppo all’utilità, quanto al gioco e all’ironia perché lo scopo era dissacrarli per poi riappropriarsene, tramite un meccanismo che è stato definito dalla critica di “re-design”.

L’altro anno di rottura è il 1981 quando irrompe sulla scena il gruppo Memphis che tuttavia si esaurirà in poco più di un lustro nel 1987. In sostanza il nucleo era quello di Alchymia, più altri tra i quali Matteo Thun, George Sowden, Hans Hollein, Michael Graves, Arata Isozaki e la giornalista Barbara Radice. In sei anni di vita Memphis divenne il punto di riferimento internazionale per le tendenze del tempo. Gli oggetti disegnati da Memphis erano qualificati dall’aggregazione di materiali e forme molto diversi tra loro, relazionati da rapporti di contrasto e libera associazione di idee. Un esempio lampante in tal senso è quello della libreria Carlton del 1981, in cui si assiste alla disgregazione classica dei volumi e dei colori. In maniera piuttosto superficiale si è spesso parlato dell’inutilità di molti progetti targati Memphis, a torto però dato che questo è un aspetto che a Sottsass non interessava granché: «Memphis non era il prodotto di artisti, in Memphis non si parlava mai di arte, si parlava di design. Che poi le cose che disegnavamo non servissero a nessuno, è un altro problema, perché forse sognavamo delle vite diverse da quelle che normalmente si vivono».

Sottsass ha sempre considerato il suo lavoro come analisi di un problema che tende a espandersi senza soluzione di continuità, ma che resta agganciato con intransigenza a una concezione umanistica della cultura. Ha disegnato, nel vero senso della parola, la trasformazione della società contemporanea e l’ha tradotta con il suo linguaggio ludico e severo allo stesso tempo; ha spostato «il suo sguardo dalla catena di montaggio al sistema di distribuzione», come è stato scritto con acume. Inoltre Sottsass ha fatto un passo in più rispetto ai suoi colleghi “radicali”, ovvero non ha mai negato del tutto il progetto, ma ha continuato a crederci, anche di nascosto se serviva, quando la moda era di ignorarlo. Ha capito molto semplicemente che pensare di farne a meno è pura utopia.

“Ettore Sottsass. Oltre il design”, all’Abbazia di Valserena (PR) dal 18 novembre all’8 aprile 2018. Orari: martedì, giovedì e venerdì dalle 15 alle 19; mercoledì, sabato e domenica dalle 10 alle 19. Biglietti: intero 10 €, ridotto per gruppi a partire da 10 fino a 20 persone e convenzioni 8 €.

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