Alla Galleria d’arte moderna e contemporanea A. Pizzinato di Pordenone, dal 13 maggio all’8 ottobre è allestita la mostra “Il mito del Pop. Percorsi italiani”, a cura di Silvia Pegoraro, che, con circa 70 opere, delle quali alcune mai prima esposte, di una ventina di artisti, vuole evidenziare che c’è stata una “via italiana” al Pop ed è stata assolutamente originale.
L’esposizione è promossa e organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Pordenone, in collaborazione con l’Ente Regionale per il Patrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia, con il contributo di Fondazione Friuli, e con il sostegno di Crédit Agricole Friuladria e Itas Mutua.
Si sa che alcuni artisti italiani erano stati in America prima del ’64, anno del trionfo della Pop Art americana alla Biennale di Venezia, o si erano informati in precedenza sulle nuove poetiche visive statunitensi: per esempio Mimmo Rotella (celebri i suoi décollages – collages di manifesti pubblicitari strappati), Franco Angeli (tra le sue opere più famose le sue lupe e le sue aquile romane, ma anche Half dollar, una banconota americana serigrafata), Tano Festa, con le sue riletture di Michelangelo e di altri celebri maestri del passato, o Mario Schifano, che reinterpreta in pittura le icone pubblicitarie della “Coca–Cola “ e della “Esso”, o foto storiche (come nel celeberrimo Futurismo rivisitato, del ’66). Tutti artisti, questi, legati alla romana “Scuola di Piazza del Popolo”. Roma è infatti uno dei due punti di irradiazione della Pop Art di casa nostra: qui, il fenomeno della “dolce vita”, legato al “boom economico”, dà il via a un profondo rinnovamento del costume italiano.
Nel dopoguerra, Roma è un luogo di incontri e dibattiti di livello internazionale, da dove passano molti grandi artisti europei e americani. Le gallerie di riferimento sono La Tartaruga di Plinio de Martiis e La Salita di Gian Tomaso Liverani, dove espongono gli artisti che fanno tendenza. Oltre a quelli già nominati, ci sono Cesare Tacchi, Sergio Lombardo, Renato Mambor, Ettore Innocente, e Mario Ceroli. L’altro centro propulsivo della Pop Art italiana è Milano, e il suo cuore è lo Studio Marconi, dove nel ’65 espongono in una mostra, insieme a Schifano, Valerio Adami, Emilio Tadini e Lucio Del Pezzo.
Questi artisti guardano più all’Europa che all’America: dalle soluzioni genialmente kitsch di Enrico Baj, influenzate dal dadaismo e dal surrealismo, alla altrettanto geniale ibridazione di metafisica dechirichiana e iconografia da fumetto di Adami, alla rigogliosa vena “narrativa” di Tadini che acquisisce, grazie al contatto con la Pop Art, una maggior sintesi dell’immagine, oltre che un più forte impulso a inserire nella figurazione oggetti appartenenti al mondo reale e quotidiano.
La mostra rappresenta anche un’occasione per ricordare e celebrare, nel trentennale della morte, l’artista Ettore Innocente, noto come uno dei più interessanti e originali artisti della Pop Art di ambito romano, ma proveniente in realtà dal territorio pordenonese, con il quale ha sempre mantenuto legami profondi, coltivati con assiduità.