Al MEF, Museo Ettore Fico di Torino, fino all’11 giugno è allestita una mostra curata da Claudio Cerritelli dedicata a Bruno Munari (Milano, 1907-1998), uno dei personaggi più significativi della cultura artistica internazionale del XX secolo. Il percorso espositivo è composto da disegni, progetti, collage, dipinti, sculture, libri illeggibili, nuove tecniche di riproduzione delle immagini, oggetti di industrial design, esperienze di grafica editoriale, architettura, nuove proposte di pedagogia.
In mostra c’è un’ampia scelta di opere dagli anni Trenta agli anni Novanta, dalle premesse futuriste delle “tavole tattili”, si sviluppano in modo provocatorio e ironico nei confronti delle logiche razionaliste con l’invenzione di “sculture aeree”, “macchine inutili”, oggetti di rete metallica appesi al soffitto “concavi-convessi” e successivamente “macchine aritmiche” fino alle “sculture da viaggio” che sfidano la retorica della scultura monumentale.
La ricerca pittorica è documentata da opere che dall’Astrattismo degli anni Trenta approdano all’importante ciclo dei Negativi-positivi degli anni Cinquanta, esempi di una ricerca che si protrae fino agli anni Novanta con varianti compositive caratterizzate da varietà di supporti
e tecniche realizzati nel corso del tempo su carta, su tela e su tavola, con superfici anche sagomate, con parti vuote che dialogano con la parete. La dinamica cromatica di queste opere determina un senso di instabilità ottica, ambivalenze tra il primo piano e lo sfondo, effetti che non permettono mai di fissare l’immagine in modo univoco.
Con la serie delle Curve di Peano (1974) Munari affronta il rapporto tra linea e quadrato interpretando l’ipotesi matematica che possano esistere linee curve senza tangenti.
Con altre sperimentazione, Munari inventa Scritture illeggibili di popoli sconosciuti (1947), alfabeti ironici e scherzi grafici, ricostruzioni teoriche di oggetti immaginari (1955), e ancora giochi grafici, Ideogrammi, Variazioni sul viso umano, Antenati, Alberi, Nomi e altri divertimenti come la serie delle “cartoline modificate”.
Sul piano dell’invenzione di nuovi spazi tridimensionali si pongono opere come Salto mortale, Filipesi, Alta tensione, Flexy, costruzioni plastiche dotate di materiali metallici, lignei, filiformi: continui avvolgimenti di aerea leggerezza che delinea il peso del vuoto.
Poi, nel rapporto con le tecnologie Munari indaga la possibilità di usare in modo differente le caratteristiche degli strumenti a disposizione; nella serie delle Xerografie originali crea forme di vario tipo muovendo sul piano della fotocopiatrice l’immagine di base, in modo irripetibile.
Nel caso delle Proiezioni dirette la scelta dei materiali (Cellofan colorati, Rodhoid, Fibralin, carta sottile nera e due tipi di spugna artificiale) permette di comporre piccoli collage colorati trasparenti che possono essere proiettati con un comune proiettore per diapositive. Ognuno di questi materiali assume diversi aspetti secondo come viene trattato, garantendo gradi continui di sperimentazione. Nel Polariscop (1969) pellicole trasparenti disposte in una scatola di ferro e retroilluminate diventano, seguendo precisi accorgimenti, mezzi «per generare e animare il colore», osservando la sua nascita e la sua mutazione.
L’interesse per la dimensione ludica del comunicare porta Munari a frequentare il linguaggio della fantasia con forte senso ironico e umoristico nei confronti degli oggetti d’uso, trasformando la percezione del quotidiano con nuove morfologie (Forchette parlanti, Supplemento al dizionario italiano, Fossili del Duemila, Scimmietta Zizì, Sedia per visite brevi, Occhiali paraluce, Orologio Tempo Libero per Swatch). Celebri sono diventati gli oggetti di design, prodotti da Zanotta, Interflex, Robots e Danese (Lampada Falkland, Ora X, Portacenere cubico, Abitacolo, solo per citarne alcuni). A queste tipologie si aggiungono anche esperienze nel campo delle arti cosiddette applicate con esempi di tessuti stampati, tessuti morbidi con composizioni astratte, piatti, gioielli e costellazioni. Considerevole è infine il ruolo che nella mostra assume la documentazione intorno al libro, nelle sue molteplici identità di libri-oggetto, pre-libri, libri illeggibili, libri didattici, libri teorici, con varie ricerche di grafica editoriale, in particolare le prime idee, un prezioso repertorio che testimonia i rapporti con le case editrici con cui ha maggiormente collaborato: Einaudi, Scheiwiller, Zanichelli, Laterza, Lucini, Corraini.
La mostra è corredata da un catalogo contenente la riproduzione delle opere esposte, un saggio storico-critico di curatore Claudio Cerritelli, un’intervista a Gillo Dorfles e apparati bio-bibliografici.