di Luca Baldazzi
“Parole visive” è il titolo della mostra col quale la galleria Quadrifoglio di Siracusa raduna le opere di sei artisti, da domani al 15 ottobre, a cura di Livia Turco Liveri.
Gli artisti: Giuliano Mammoli, Rita Mele, Teresa Pollidori, Luciano Puzzo, Alba Savoi, Ilia Tufano, propongono con questa mostra un avvincente percorso espositivo in cui parole, lettere, numeri, ma anche simboli, immagini, frammenti, texture, manifesti strappati, ingranaggi abbandonati e specchi si trasfigurano, nell’immaginario degli artisti, in linee, forme, colori, ombre, luci, andamenti e ritmi visivi. Formando, come in un processo alchemico, nuovi oggetti e nuovi significati.
Attraverso varie tecniche e modalità espressive, dalla tecnica mista alla tempera, dalla stampa digitale agli acrilici e vernici, dalla foto garzata all’olio su tela, i sei artisti rileggono nelle opere esposte la realtà osservata, partendo dal significante (forma o segno grafico) per approdare a un rovesciamento della prospettiva visiva, all’emersione dell’implicito, all’evidenza di significati finora ignorati o sottovalutati. Così nelle sue tele l’artista siracusano Luciano Puzzo è impegnato ad approfondire il concetto di afonia come metafora ineluttabile della società contemporanea. Nelle sue tele la protesta urlata dei giganteschi “No” si rovescia nel messaggio positivo “On”, che segnala l’urgenza di contrastare energicamente la fuga dalle problematiche contemporanee. Nelle sue opere Alba Savoi evidenzia il processo formativo, archetipico, di un’immagine o concetto: si tratta di un’operazione sul linguaggio, un confronto tra scrittura inintelligibile e conosciuta, come per la decrittazione di una stele egizia o l’elaborazione in codice di una pioggia di numeri. Se Teresa Pollidori restituisce attraverso parole-forma tridimensionali e procedimenti digitali la carica emotiva a immagini drammatiche cui l’opinione pubblica si è assuefatta, Giuliano Mammoli svuota del loro significato le lettere alfabetiche per evidenziarle nello specchio del ricordo, in un infinito rimando tra l’opera e lo spettatore. Ilia Tufano gioca con la variazione segnica e tonale dei ritmi visivi, mentre Rita Mele mostra brani di indecifrabili scritture diaristiche e volti della memoria, da cui emana una sensazione di tragica, attonita assenza.