Una mostra antologica di Bruno Rovesti (1907-1987), a Palazzo Bentivoglio di Gualtieri (RE) dal 3 settembre prossimo al 13 novembre, racconta, attraverso 60 opere, la vicenda artistica e umana di uno degli esponenti più autentici della pittura naïf italiana, la cui vita si lega a doppio filo sia con Gualtieri, paese dov’è nato e vissuto, sia con quella di Ligabue, che conobbe e frequentò.
La mostra è curata da Sandro Parmiggiani, organizzata dal Comune di Gualtieri e dalla Fondazione Museo Antonio Ligabue, e si tiene in contemporanea con l’esposizione del primo nucleo di 63 opere del Museo Antonio Ligabue per consolidare l’immagine di Gualtieri come luogo privilegiato per la conoscenza dell’artista.
Davanti ai suoi dipinti si respira la sincerità di un uomo che cerca di raccontare e comprendere quello che se ne sta intorno a lui, o che vede in qualche parte del mondo, dove si è recato o che ha visitato nell’immaginario, per conquistarsi una propria identità e una propria visione dell’umana esistenza.
Sulle sue tele scorrono persone, intente alle più varie occupazioni di lavoro o di svago, animali domestici, pesci, uccelli che volano nel cielo, case ed edifici, strade, ponti e piazze, alberi spogli che esibiscono le loro radici fuori dalla terra e tronchi tagliati come se fossero arti umani, ma anche, in tanti dipinti, una vegetazione lussureggiante che tutto assedia e che ovunque cresce, con gli stessi alberi che assumono le sembianze di fiori dai colori vivacissimi.
Accompagna l’esposizione un catalogo Skira, che è anche la prima monografia dedicata all’artista, su cui sono riprodotte oltre ottanta opere a colori, in alcuni casi accompagnate dall’immagine del racconto che Rovesti aveva vergato sul retro, oltre a testi di Sandro Parmiggiani, Sergio Negri, Giuseppe Amadei, Alfredo Gianolio, Nicola Dusi e Lorenza Di Francesco, nonché la pubblicazione integrale della “nastrobiografia” di Rovesti, E dopo poi dopo, e una vasta antologia critica.