Soffici e Carena


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Il Museo Soffici e del ‘900 italiano, costituito a Poggio a Caiano in Toscana, compie quest’anno dieci anni dalla fondazione e il percorso intrapreso per la conoscenza nell’arte del secolo scorso si svolge sull’approfondimento dei rapporti di Ardengo Soffici con colleghi illustri. È la volta, così, di Ardengo Soffici (Rignano sull’Arno, 1879 – Vittoria Apuana, 1964) e Felice Carena (Cumiana 1879 – Venezia 1966), insieme nella mostra curata da Luigi Cavallo. Per questa occasione, sono esposte trentasei opere ciascuno, con diversi inediti, tra cui gli autoritratti, in un percorso espositivo che si compone di disegni e dipinti che offrono una sintetica visione antologica del loro gusto e delle loro proposte fondanti: l’arte come pensiero in cui contano meditazione e semplicità, progetti di ricerche che coinvolgono il senso, la bellezza, il valore dei territori ideali. La narrazione figurativa aveva legami estetico-filosofici con quelle regole umanistiche che nobilitano l’uomo come creatura e ne esprimono elementi positivi, idealità, morale, religiosità e comprensione per il prossimo.

Felice Carena, Natura morta con bricco e frutta, 1951, olio su tavola cm 27,5×42


Fra gli inediti in mostra due autoritratti degli artisti, quello di Soffici (1946) può considerarsi pagina di pari valore agli scritti autobiografici, mentre nel dipinto di se stesso Carena (1950) esprime un profondo desiderio di astrazione. L’itinerario espositivo inizia, per quanto riguarda Soffici, con una Figura del 1903 che richiama le prime esperienze parigine in ambito postimpressionista; una vignetta per le riviste umoristiche ricorda il lavoro che permise al pittore di sostentarsi economicamente nella capitale francese.
Seguono paesaggi del 1907 e 1908; danno avvio, dopo il rientro da Parigi, all’attività che sarà quella più propria dell’autore: l’ordine figurativo che sinteticamente si esprime d’après nature. Nature morte, un affresco del 1932 e un Trofeino del 1948, documentano le fasi diverse che Soffici svolse dal periodo cubofuturista fino al realismo dei valori plastici. Poggio a Caiano ripreso nei diversi scorci resta protagonista della cultura sofficiana, fa intendere la profondità del rapporto con un luogo semplice ed eletto a insegna di vita. Diversi acquarelli sorprendono per la rarità del portato luminoso, una componente creativa che ebbe un grande estimatore in Emilio Cecchi.
Il percorso di Felice Carena si apre con due dipinti del 1904 di cospicuo formato che danno il senso del suo impegno formale improntato a una lettura romantico-simbolista della figurazione, molto evidente anche nei Putti ebbri danzanti, 1909.
Nelle composizioni di fiori del 1914 e 1917 si assiste a una vera esplosione gioiosa che la pittura riesce a esprimere compiutamente nel colore. Un raro Paesaggio anticolano (1919) e un ritratto della moglie (1920) presentano un artista più schiettamente interessato alla realtà, alcuni disegni del 1922-1925 danno la misura della sua perizia plastica. Gli anni Trenta sono rappresentati con opere eseguite quando dirigeva l’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Il periodo veneziano, 1946-1966, può essere letto come un sempre più affinato itinerario spirituale nel quale la forma, insieme con il colore, viene depurata fino a raggiungere le lievi armonie delle nature morte.

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