Antonio Fontanesi e la sua eredità. Da Pellizza da Volpedo a Burri


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La città di Reggio Emilia celebra i duecento anni della nascita di Antonio Fontanesi con un’ampia retrospettiva allestita al Palazzo dei Musei, fino al 14 luglio.

Antonio Fontanesi, La quiete, 1860, Fondazione Torino Musei, Galleria d’Arte Moderna

La mostra, a cura di Virginia Bertone, Elisabetta Farioli, Claudio Spadoni, è promossa dai Musei Civici di Reggio Emilia, in collaborazione con la Fondazione Torino Musei-Galleria d’arte moderna e la Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza, è realizzata in partenariato con la Regione Emilia Romagna, Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali, la Fondazione Cassa di Risparmio P. Manodori di Reggio Emilia, Destinazione Emilia, Unioncamere Emilia Romagna, Camera di Commercio di Reggio Emilia, APT Servizi, col contributo art bonus di Car Server, Credem, Iren.
Con questa occasione – oltre a ricostruire attraverso le più importanti opere di Fontanesi il percorso dell’artista, si intende offrire un nuovo contributo critico alla sua conoscenza mostrando l’influenza che la sua pittura ha avuto negli artisti che dopo di lui si sono riconosciuti nel suo particolare approccio alla natura e al paesaggio, sospeso tra l’esigenza di rappresentazione del vero e l’urgenza di esprimerne le più intime emozioni.
Sono esposti in mostra alcuni dei più importanti dipinti di Antonio Fontanesi provenienti da musei e collezioni italiane, messi a confronto con la produzione degli artisti che la critica ha collegato con la sua produzione, individuandone possibili motivi di ispirazione in un arco cronologico che dagli anni ottanta dell’Ottocento arriva fino agli anni sessanta del Novecento.
Sono documentati i rapporti con la cultura simbolista e divisionista attraverso opere di Vittore Grubicy, Leonardo Bistolfi, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli ma anche la sua ripresa negli anni venti ad opera di Carlo Carrà, Felice Casorati, Arturo Tosi. L’ultima sezione è dedicata alle interessanti interpretazioni critiche degli anni cinquanta di Roberto Longhi e poi di Francesco Arcangeli. Quest’ultimo infatti, nell’individuare una continuità tra la concezione moderna dell’arte e la grande tradizione ottocentesca, inserisce Fontanesi nell’evoluzione di un naturalismo che nel dopoguerra arriva a Ennio Morlotti, Mattia Moreni, Pompilio Mandelli spingendosi fino alle ricerche materiche di Alberto Burri.

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