Petrit Halilaj. Shkrepëtima


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Shkrepëtima, 2018, Produced by Fondazione Merz and Hajde! Foundation, Ph Majlinda Hoxha

Il progetto vincitore della seconda edizione del Mario Merz Prize è esposto fino al 3 febbraio 2019 alla Fondazione Merz di Torino, col patrocinio della Città di Torino e di Kuhn & Bülow. Si tratta di “Shkrepëtima”, una personale dedicata a Petrit Halilaj (Kostërrc, Skenderaj-Kosovo, 1986), terza parte di un articolato progetto curato da Leonardo Bigazzi e realizzato in tre diverse tappe. Partito dalla Casa della Cultura di Runik (Kosovo) lo scorso luglio con una performance, è proseguito al Zentrum Paul Klee di Berna (Svizzera) nei mesi di luglio e agosto per approdare a Torino nelle forme di un’inedita mostra conclusiva, dove sono presentate delle installazioni monumentali che ricontestualizzano all’interno dello spazio espositivo le scenografie, i costumi e gli oggetti di scena della performance di Runik.
Il progetto Shkrepëtima prosegue l’indagine dell’artista sulle radici storiche della cittadina kosovara dove è cresciuto, riflettendo sul potenziale dell’arte e sul valore della memoria. Intervenendo direttamente sulla realtà, Halilaj intende modificare i processi di costruzione della storia collettiva della sua comunità riavvicinandola alle proprie origini e mettendo in discussione alcuni modelli che ancora oggi ne regolano la struttura sociale.
In lingua albanese il termine “Shkrepëtima” significa “lampo” e, per estensione, indica anche un pensiero improvviso e intenso che funziona come attivatore di coscienze.

Il luogo che per oltre trent’anni è stato il simbolo dell’identità culturale dei cittadini di Runik era proprio la Casa della Cultura, il cui destino, seppure incerto, in seguito alla performance il Ministero della Cultura ha ordinato il suo inserimento nella lista dei beni dichiarati di interesse nazionale, garantendone il futuro restauro.
A Torino l’artista è riuscito a mettere in relazione due edifici e due realtà molto diverse, che rappresentano certamente una testimonianza storica importante e un punto di riferimento per le comunità che sono nate e cresciute intorno a essi. L’intervento riporta all’attenzione non solo la centralità dei luoghi della memoria nella costruzione dell’identità collettiva, ma anche che il loro potenziale non è necessariamente limitato a una città o a una nazione e che può esprimersi in varie forme generando nuove storie e punti di vista.
La mostra è corredata da un catalogo edito da Hopefulmonster contenente la documentazione dell’intero progetto.

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