La mostra “Luigi Vollaro. Dialogo con la materia” presso ARCOS, Museo di Arte Contemporanea del Sannio, fino al 4 maggio, è promossa dalla Provincia di Benevento, dal Museo ARCOS in collaborazione con il Museo-FRaC Baronissi e la Casa Turese Edizioni d’arte e con il sostegno dell’azienda Tekla.

In esposizione venti sculture che riassumono esperienze che, dalle terrecotte degli anni Ottanta, arriva ai ‘piombi’ degli anni Novanta e all’ampio ciclo dei ‘rami’, realizzati dai primi del Duemila ad oggi.
Quello di Vollaro, rileva Massimo Bignardi nel lungo ed articolato saggio al catalogo, “è un modo di porsi rispetto alla scultura che traduce molti aspetti del suo carattere: ironico innanzitutto, pronto ad interpretare le occasioni della vita come momenti provvisori, ponendo una giusta misura di distanza con le accelerazioni di una generazione di artisti, quella comparsa nel decennio Ottanta, proiettati ad un’affermazione mondana. L’ironia non esclude una certa inquietudine che segnerà i momenti di passaggio del suo lavoro quando, ad esempio, registra la necessità di uscire dal piano di terracotta e conquistare la dimensione di una spazialità a tuttotondo, vale a dire quando entra in gioco la forma complessa dei guerrieri, questo nei primi anni Novanta. Ricordo che nei frequenti incontri – la nostra è un’amicizia trentennale – la reciproca preoccupazione era di porre l’accento sulla necessità di leggere quanto stava accadendo nella scultura di quegli anni, non tanto sul dettato delle scelte stilistiche, dei linguaggi quanto sul suo valore nei processi di rimpaginazione della città, degli spazi sociali. Dalle sue preoccupazioni affiorava costante quella rivolta al valore della materia, al suo nuovo statuto nei registri delle esperienze contemporanee, al difficile confronto e rapporto con l’immaterialità del digitale. Non poteva e non doveva essere solo materia, bensì incipit immaginativo, punto d’avvio di un processo mentale che, attraverso il disegno, lo avrebbe spinto, «modellando – avrebbe detto Focillon – la fluibilità dell’aria» ad incontrare la forma.
Oggi a distanza di anni rileggo l’avvertita attenzione con la quale Vollaro riesce a mantenere vive quelle preoccupazioni, a farsi, come sempre, prendere dal dubbio, ossia dalla speranza che ci siano ancora, per la scultura di ‘tradizione’ – intesa come configurazione plastica e d’immagine –, margini di operatività”.