Il classico moderno di Luigi Russolo


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Nel 2021 ho partecipato, come critico segnalatore, al CAM (Catalogo dell’Arte Mondadori) grazie alla generosità del suo direttore Carlo Motta. Mi accorsi che nella parte storica del catalogo vi si trovano diversi artisti futuristi mentre manca, dalla sezione stessa, Luigi Russolo che di questo Movimento è stato uno dei cofondatori. Egli c’è, ma all’interno della grande sezione “moderna” che comprende l’attualità. In attesa che questo inconveniente fosse sottoposto al Comitato del catalogo presieduto dall’ottima Elena Pontiggia il dottor Motta mi incaricò di “rinfrescare ” la scheda del Nostro. Messomi al lavoro mandai, come richiesto, pure le cifre delle vendite controllate su alcune acquisizioni private. All’uscita del catalogo trovai che le cifre riferite alle compravendite da me indicate erano mutate in sottostima. Pregai il Direttore di controllare e mi si rispose che queste erano le stime delle Case d’Asta. In effetti ebbi modo di vedere che mentre le stime delle opere “futuriste” avevano cifre di tutto rispetto superiori ai 50.000,oo euro a salire (fonte internet), quelle dopo il 1937 fino alla sua morte sopraggiunta nel 1947, e concepite dentro questo periodo definito come Classico Moderno erano di 5 volte inferiori (ibidem). Si dice “notevole il risultato di 22mila euro nel 2021” per una Autoritratto a tecnica mista di grande intensità.

Un recente articolo nella rivista Arte Mondadori, sull’artista Salvo, sosteneva che lo stesso non sta “cercando di reinventare nuovi temi e forme, ma al contrario mettendo in moto una pratica continua di rivisitazione citazionista della grande tradizione dell’arte del passato…… esempio i metafisici paesaggi di rovine classiche, i fiabeschi scenari esotici e la suggestiva paesaggistica” (1). Mi sono chiesto, ma questo non è quella sospensione dell’atmosfera attuata dal Russolo nelle sue opere?! Là dove dice: “tutto questo è diventato l’essenza come eternità dell’essere assorbito o trasformato in questa eternità, in uno stato che ha superato lo spazio e superato il tempo, allora veramente l’opera d’arte ha superato l’umano, la sua transitorietà e l’effimero, allora l’opera d’arte è!” (2). Se Salvo si richiama al passato a questi Autori perché lui vende delle opere di ugual misura a 50/70mila euro? mentre il nostro Russolo ne vale, per l’attuale mercato, un decimo? Dove sta l’inghippo? nel fatto che è più noto come musicista e teorico del “rumore”? ma, non è stato uno dei cofondatori del Futurismo con Marinetti, Boccioni, Severini, Carrà e Balla? Ancora, non sono pure questi Autori passati, poi, alla figurazione superando l’interventismo futurista? Boccioni nel 1916, poco prima di morire per una caduta da cavallo, dopo il ritratto di Busoni sembrava guardare a Cezanne col suo Paesaggio con montagne e lago, del 1916 (Verona, proprietà della Galleria dello Scudo). Severini ha dipinto nature morte ben identificabili, Carrà teorizzava Valori Plastici, ritornando al ‘400 fiorentino, e Balla? di Balla: Fabio Benzi, curatore di una sua importante mostra è convinto che il Balla ” «tornato» alla pittura figurativa negli ultimi trent’anni della sua esistenza.. …. non si tratti di un vero e proprio «ritorno», bensì di un’evoluzione tutta nuova del medesimo spirito futurista”(2). Interessante qui ricordare questo “spirito futurista” che si muove sotterraneamente nel pittore. Ma perché a Russolo presente nelle grandi collezioni europee e americane si deve far pagare lo scotto del cambio di genere, o cambio di casacca come si dice? Probabilmente questo è un vezzo del solo mercato italiano che non sostiene i suoi artisti storici. Comunque, non può essere che Ottone Rosai valga 2 volte di più della stima d’asta di un Russolo. Rosai è un buon pittore niente di più e pure senza grande inventiva. Dove sta questa inventiva? riprendiamo il filo conduttore del ragionamento di Russolo: “I (pittori) Neoclassici, hanno pure lisciato come un marmo la loro tecnica; ne è venuta quella fredda pasta di colore liscio e vetrato da ceramica che distingue le pitture di David, Ingres e Appiani.” Questa sua critica arguta sulla pittura Neoclassica, rende necessario uno scatto in avanti: “Ogni epoca ha avuto i suoi canoni espressi con certe caratteristiche formali ….Noi ne siamo dentro e prima che il tempo le abbia abbandonate cerchiamo di definire quelle della pittura contemporanea CLASSICO MODERNA” (3) . Questo ossimoro diviene lo scatto che mancava alla filosofia della sua pittura si Classica perché si rifà ad una visione “tradizionale” ma, Moderna perché è inverata nel Presente della vita. Il presente è la storia che avanza in un flusso temporale continuo non scandito da categorie estetiche, bensì storiche in una continuità senza rotture di tempo e spazio. Sotto il vigile occhio del tempo si fa un passo avanti e due indietro. Ma Russolo è dentro il contesto artistico del Ritorno all’Ordine, o, il suo è uno dei tanti colpi di testa? cioè come quando molla la pittura e la musica per dedicarsi al magnetismo collaborando con il Torre, magnetista conosciuto in Parigi?! Siamo nel 1926 e il poeta pittore e amico di Picasso, Jean Cocteau raccoglie in un libro dei saggi sotto il titolo Le Rappel à l’Ordre, un invito agli artisti, che si sentivano traduttori dello spirito del Novecento, i quali pur provenendo da esperienze e artistiche differenti erano legati da un senso comune di “richiamo all’ordine” nell’arte. Così Cocteau: “dopo le sperimentazioni avanguardiste del primo Novecento (Futurismo,Cubismo)… il Novecento torna quindi ad avere come supremo riferimento l’antichità classica, la purezza delle forme e l’armonia nella composizione.” (4) Ma, soprattutto questo bisogno viene incanalato dalle ideologie dell’epoca come il Fascismo e il Nazismo che spingono verso una semplificazione dell’arte in funzione monumentalistica per controllare le masse. E mentre in Italia ciò avviene in forma quasi naturale (tutto il gruppo futurista s’iscriverà al partito fascista, eccezion fatta per il Russolo), in Germania si organizza nel 1937 una mostra sull’Arte Degenerata a Monaco di Baviera dove furono esposti 650 lavori di artisti avanguardisti denigrati dal regime (5). Nello stesso periodo in Russia si avvia quella stretta sugli artisti che sfocerà nel Realismo Socialista. Quindi da un bisogno di “ordine interiore”, dopo l’ubriacatura avanguardista, tutto viene stravolto dai Governi in funzione ideologica. Luigi Russolo nel 1926 è presente alla Biennale alla mostra organizzata dalla Sarfatti con il suo Impressioni di Bombardamento (Portogruaro) dove il suo futurismo si esprime in maniera più semplice dentro dei zig zag di rossi e gialli a richiamare le luci delle bombe illuminanti (shrapnels e granate) e sotto in trincea dei soldati dipinti in maniera figurativa. Egli era, si suppone, preso dalla musica: i suoi concerti vanno avanti fino al 1928 in giro per l’Europa ed erano seguiti dall’intellighenzia della musica: Satie, Stravinskij, Diaghilev, Kpzy, Varése, col quale collaborò per molto tempo alla produzione del suo rumorarmonio. Quindi era un artista a tutto tondo che operava su più piani, mentre attorno gli altri artisti, soprattutto i pittori, continuavano nel loro lento procedere. Si attribuisce in maniera non convincente, a mio modo di vedere, l’inizio della sua pittura Classico Moderna al quadro Aurora Boreale del 1938. Ci sono però sue opere pittoriche figurative già nel 1937, credo questo stia a dimostrare che probabilmente egli per mantenersi facesse delle pitture di tanto intanto, salvo poi, libero dal libro Al di là della Materia (1938) che lo teneva impegnato, riprendere alla grande la pittura. Ma basta questo per “castigare”, mi si passi il termine, la “tarda pittura” di Luigi Russolo? Anzi direi che se come osò dire provocatoriamente Marcel Duchamp : “un artista crea due ore al massimo nella sua vita” questi non è di certo Russolo. Direi che proprio la parabola dell’opera di Duchamp, che rifece tutte le sue opere degli anni Trenta negli anni Sessanta, mentre prima si prese il lusso di diventare campione di scacchi, dovrebbe insegnarci che la vita dentro l’opera non la si consuma in estenuanti piccole visioni dette quadro, bensì la si corrobora di un sapere altro che ne dà intelligenza e cuore. Sono del parere che espressero Nietzsche e Freud nel dire che se all’Uomo leviamo i vizi e le virtù non ci resta che un automa. Un pò come avviene per la poesia formalista che se non ha cuore resta una composizione di parole magari corrette e ben allineate. Quindi risulta ovvio che tutta l’esperienza precedente del Russolo è formatrice della sua coscienza estetico-artistica nei confronti della sua stessa opera. E se ciò vale per il Picasso “ultimo” sappiamo che nella sua pittura finale “giacciono” tutte le esperienze dei suoi “periodi”: Blu, Rosa, Cubista, Ritorno all’Ordine etc. Risulta chiaro che la sua pittura raccoglie tutta la sua esperienza artistica e di vita! E ciò perché non dovrebbe valere per il Russolo: pittore futurista, violinista e compositore dentro il suo ritorno all’ordine col suo Classico Moderno? “La riscoperta della Tradizione non è un “tradimento” ex novo, bensì è frutto di una “rielaborata” visione intelligente e creativa della stessa tradizione non copiata ma, capita, e perciò rinnovata, non costruita da “ombre del passato” come scrive Anna Gasparotto citando lo stesso Russolo nel suo saggio: “L’arte è creazione non è plagio” del 1926.(6). Riflessione anticipatrice?! Non dimentichiamo che Russolo è un teorico che mette in pratica la sua meditata pittura. Teoria e prassi diremmo oggi. Così dopo tante vicissitudini della vita il ritiro in Cerro di Laveno suona per il Nostro quale un periodo di pace interiore che si ritrova nella sua pittura proprio grazie al quel concetto di “eternità” che lui vi intravvedeva. Aby Warburg, “amburghese di cuore, ebreo di sangue, d’animo fiorentino”, come amava definirsi, in quegli stessi anni scriveva che “Dio sta nel particolare“! E cosa non è questa se non una ulteriore conferma della qualità intrinseca della pittura del nostro Artista nel non seguire le mode, ma di seguire con una lucidità interiore sconcertante il suo rapporto dentro l’universo artistico formatosi nel suo genio musicale e pittorico finalmente sciolto all’interno della natura che lo circondava? ricordo, qui, solo il suo quadro: Bach (1946) dove sullo sfondo di un paesaggio di montagne innevate coperte da nuvole in cui, fra queste, emerge un volto: il volto di Bach, un genio della musica.

Note:
1) ” non cercando di reinventare nuovi temi e forme, ma al contrario mettendo in moto una pratica continua di rivisitazione citazionista della grande tradizione dell’arte del passato ispirandosi, per certi versi, all’atteggiamento sovranamente “inattuale” del Pictor Optimus: Giorgio De Chirico. La sua linea operativa si sposta dall’avanguardia ad una attitudine post moderna, in anticipo rispetto a tendenze come la Transavanguardia (….) esempio emblematico di questa evoluzione sono i suoi più noti cicli tematici: i metafisici paesaggi di rovine classiche, i fiabeschi scenari esotici e la suggestiva paesaggistica. (Salvo, la reinvenzione della pittura di Francesco Poli in Arte Mondadori, Novembre 2024).

2) Giacomo Balla, vissuto a lungo (morì nel 1958 a 87 anni), autore di una sterminata produzione, partito dal realismo/divisionismo, inventore di un suo alfabeto futurista e «tornato» alla pittura figurativa negli ultimi trent’anni della sua esistenza. ……Ma che non si tratti di un vero e proprio «ritorno», bensì di un’evoluzione tutta nuova del medesimo spirito futurista, è convinto Fabio Benzi, storico dell’arte e curatore della mostra Giacomo Balla. Dal Futurismo astratto al Futurismo iconico. Una mostra ragionata dunque, di studio, con una tesi che il curatore intende dimostrare e che collegherebbe il Balla figurativo degli anni Trenta ai temi di un nuovo «futuro», in quel momento simboleggiato più in generale da un’inedita, nascente, cultura di massa. (da Internet)

3) “Quando l’opera d’arte ha superato la fenomenologia del momento rappresentato dal gusto dell’espressione(..) non è più un momento, una casualità od una effettualità transitoria o variabile; quando tutto questo è diventato l’essenza come eternità dell’essere assorbito o trasformato in questa eternità, in uno stato che ha superato lo spazio e superato il tempo, allora veramente l’opera d’arte ha superato l’umano, la sua transitorietà e l’effimero, allora l’opera d’arte è!

I (pittori) Neoclassici, dunque quasi per essere in armonia con la freddezza compassata dei loro atteggiamenti di origine statuaria, hanno pure lisciato come un marmo la loro tecnica; ne è venuta quella fredda pasta di colore liscio e vetrato da ceramica che distingue le pitture di David, Ingres e Appiani. Ogni epoca ha avuto i suoi canoni espressi con certe caratteristiche formali: espressive, compositive, disegnative e benché sia difficile distinguerla Noi ne siamo dentro e prima che il tempo le abbia abbandonate cerchiamo di definire quelle della pittura contemporanea. CLASSICO MODERNA (aggiungo personalmente). da L’Eterno ed il Transitorio nell’Arte (Gennaio 1947) in “Luigi Russolo e l’Arte dei Rumori” di G.F. Maffina, Martano editore in Torino 1978.

4) Questi artisti, che si sentivano traduttori dello Spirito del Novecento, provenivano da esperienze e correnti artistiche differenti, ma legate da un senso comune di “ritorno all’ordine” nell’arte dopo le sperimentazioni avanguardiste del primo Novecento (Futurismo, Cubismo): il Novecento torna quindi ad avere come supremo riferimento l’antichità classica, la purezza delle forme e l’armonia nella composizione. Più in generale il termine viene utilizzato anche per tutta quella arte che caratterizza il ventennio fascista in Italia, improntata soprattutto a un neoclassicismo semplificato, ovvero a una rilettura dell’architettura moderna in chiave monumentalista. Questo movimento fu una reazione alla guerra e subito abbandonò il Cubismo, facendolo rigettare persino dai suoi primari inventori, Braque e Picasso. La stessa sorte toccò al Futurismo, che aveva lodato macchinari, violenza e guerra, e fu abbandonato da quasi tutti i suoi fautori. Il ritorno all’ordine venne associato ad un neo-classicismo e alla pittura realista, dilagando in tutta Europa e fornendo una pausa di riflessione dopo tutte quelle avanguardie artistiche che avevano marcato la prima parte del XX secolo. In Italia questo cambio di direzione venne riflesso ed incoraggiato da Valori plastici, rivista di critica d’arte fondata nel 1918 a Roma sotto la direzione del pittore e collezionista Mario Broglio, edita dal 1918 al 1922, e nata per la diffusione delle idee estetiche della pittura metafisica e delle correnti d’avanguardia europea. Il termine “ritorno all’ordine” atto a descrivere il rinnovato interesse per la tradizione, si afferma derivasse da Le rappel à l’ordre, un libro di saggi del poeta e artista Jean Cocteau pubblicato nel 1926. Margherita Sarfatti, critica d’arte e intellettuale italiana di famiglia ebraica, amante di Mussolini, riuniva gli artisti del gruppo originario nella sua casa-studio di corso Venezia a Milano; la Sarfatti intuì l’importanza e la novità del Movimento e ne organizzò una serie di mostre che presero il nome di Novecento italiano. (da Internet sul Novecento Italiano e Valori Plastici)

5) “In Germania come Nuova Oggettività si intendeva l’adesione pervasiva alla figura umana e agli oggetti del quotidiano, che venivano dipinti non tanto per amore di mimesi di virtuosismo pittorico, ma di verità rispetto al reale e al mondo che stava cambiando in maniera drastica e che sarebbe caduto nel baratro della guerra di lì a poco.” Nuova Oggettività, 1925/1933. Fine della Repubblica di Weimar e condanna da parte nazista come arte degenerata. ( Wikipedia)..6) Ora non può essere arte e sarà arte nuova solo quella che riuscirà a trovare una forma nuova definita e finita per arrivare all’infinito e indefinito dell’emozione spirituale” (Al di là della Materia, 1938).

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