Alla Fondazione Merz di Torino, fino a domenica 18 maggio è in corso la mostra “Deadhead” dell’artista Yto Barrada, vincitrice della quarta edizione del Mario Merz Prize. L’esposizione è a cura di Davide Quadrio con Giulia Turconi ed è realizzata in collaborazione con il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino.

Il progetto espositivo vede opere rappresentative del percorso artistico di Yto Barrada alternarsi a nuove produzioni realizzate per l’occasione, in un dialogo con lo spazio che si declina in film, sculture, installazioni, tessuti e collage. Filo conduttore della mostra è il richiamo costante a un ritorno all’essenziale, inteso come processo necessario per liberare nuove energie creative. Il titolo stesso dell’esposizione si ispira alla pratica agricola di eliminare foglie e fiori appassiti in un gesto che favorisce la crescita e genera rinnovati impulsi di rinascita.
Tra echi, rimandi e sperimentazioni visive presenti in mostra, Yto Barrada trae ispirazione dalla teoria del colore dell’artista, collezionista e filantropa Emily Noyes Vanderpoel (1842 – 1939), descritta nel libro Color Problems: A Practical Manual for the Lay Student of Color (New York, 1902). Il volume, pensato per un pubblico di donne, specialmente sarte, fioriste e decoratrici, mostrava le rivoluzionarie tavole di analisi del colore dell’autrice, dove le immagini degli oggetti sono trasformate e tradotte in griglie geometriche. Attraverso una disposizione sistematica del colore, definita “la musica della luce”, Vanderpoel ha creato dei campi relazionali in cui ogni tinta, sfumatura e ombra sono in perfetta relazione con tutte le altre.
Questa mostra costruisce un itinerario fortemente caratterizzato dall’elemento del colore, che negli spazi della Fondazione Merz si trasforma in materia, testimonianza storica, strumento politico e mezzo di comunicazione. Il percorso espositivo rende evidente l’importanza del colore fin dalla prima sala, dove grandi quadrati colorati rivestono le pareti e fungono da sfondo ai lavori tessili di Yto Barrada. Tra questi figurano i tre After Stella, opere realizzate a mano e con pigmenti naturali che reinterpretano i campi di colore che l’artista americano Frank Stella dipinge negli anni ‘60 nel corso di un lungo viaggio in Marocco. Parallelamente l’opera Hourglass, composta da seta tinta naturalmente, connette il colore alla propria origine botanica e punta i riflettori sui processi lenti e tradizionali, in contrasto con i paradigmi produttivi occidentali.
Tra colori, tessuti, forme, ricordi intimi e memorie collettive in cui la dimensione tattile si unisce a quella visiva, la mostra si inserisce nel percorso di ricerca e sperimentazione promosso dal Mario Merz Prize, di cui Yto Barrada è la quarta vincitrice della sezione artistica.
Il riconoscimento nasce come premio internazionale biennale, ideato con l’obiettivo di celebrare Mario Merz e individuare talenti nell’ambito artistico e musicale attraverso la commissione di un progetto espositivo e un progetto musicale inedito all’artista selezionato per ciascuna delle due categorie di concorso. La stessa edizione che ha premiato Yto Barrada ha visto l’assegnazione del premio per la musica a Füsun Köksal.