Peggy Franck. In a Naked Room


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Nella Sala Convegni Banca di Bologna, Palazzo De’ Toschi, fino al 2 marzo prossimo è allestita “In a Naked Room”, una mostra personale dell’artista olandese Peggy Franck (Zevenaar, 1978), a cura di Davide Ferri. Il progetto rientra nel programma di Art City Bologna 2025 in occasione di Arte Fiera.

Peggy Franck, Smile Please, 2015, Installation view, Luceberthuis, Bergen(nh), NL Photography Kristien Daem

Alla base del lavoro di Peggy Franck c’è il segno pittorico, fluido e volatile, un segno di pennellate libere, multidirezionali e instabili, che sembra collocarsi nell’alveo dell’espressionismo astratto, di artisti amati come De Kooning, Motherwell ed Helen Frankenthaler, realizzato in verticale come in orizzontale, con strumenti eterogenei, che rilanciano una trama di movimenti e gesti che percorrono la superfici e lo spazio, talvolta le pareti dello stesso, esplorandone anche le zone marginali.

Con questa mostra Franck si confronta con Palazzo De’ Toschi alludendo alla presenza di un corpo che ha abitato lo spazio pubblico. Al centro della mostra c’è il Salone della Banca, non più ambiente di rappresentanza, ma stanza nuda, spogliata di elementi che lo connotano come luogo dell’ufficialità quasi a stabilire, con essa, una dimestichezza che la trasforma in un ambiente domestico.

La mostra nasce dall’avvicendamento di passaggi e momenti differenti, e fa incontrare temporalità diverse in un ‘qui e ora’ della composizione. Per diversi giorni, nel mese di gennaio, l’artista ha visitato lo spazio per dipingere una superficie orizzontale di grandi fogli di alluminio, una sorta di nuovo pavimento sovrapposto a quello della stanza che è diventato un dispositivo scomponibile in grado di adattarsi al salone in orizzontale e in verticale, di interpretarlo aprendolo a una spazialità frammentaria e disarticolata. Inoltre, la superficie riflettente di ogni foglio d’alluminio, a cui si sovrappongono le stratificazioni delle pennellate e delle campiture, mette al centro dell’intervento il corpo dello spettatore e la sua trama di movimenti nello spazio.

Le pennellate su superfici riflettenti, come del resto anche gli oggetti (per lo più “trovati” o di risulta, oppure materiali grezzi), possono dunque espandersi a dismisura oppure comprimersi e appiattirsi nella fotografia, come a vivere una seconda esistenza che prescinde dalla loro presenza materica (è la fotografia, invece, che può essere arrotolata, sovrapposta, e diventare un oggetto). In mostra sono esposte anche alcune immagini fotografiche di dipinti già esistenti, oppure derivanti dall’intervento appena realizzato su fogli di alluminio, anch’esse elementi di una macro-composizione che può allargarsi fino a coinvolgere anche le zone marginali, e tutte le stanze adiacenti al salone.

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