Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato ospita, fino a domenica 11 maggio prossimo, la mostra “Margherita Manzelli. Le signorine”, a cura di Stefano Collicelli Cagol.
Il progetto espositivo, di cui Intesa Sanpaolo è Partner, riunisce una selezione di dipinti realizzati da Margherita Manzelli (Ravenna, 1968) dagli anni Novanta a oggi, insieme a una serie di disegni e un nucleo di opere realizzate appositamente per questa mostra, una delle quali trova ispirazione nella Cattedrale di Santo Stefano, duomo della città di Prato.
Il titolo è ispirato alla modalità dell’artista di riferirsi ai personaggi femminili che da sempre popolano le sue opere. Indipendenti, fiere, senza tempo, androgine, le signorine di Manzelli si prendono la scena e decidono loro modalità e forme di rappresentazione, sfidando convenzioni ataviche e rivendicando la propria indipendenza da legami famigliari.
Sin dai primi lavori, la pratica dell’artista è polarizzata intorno all’analisi di tre componenti: la pittura, le azioni e la scrittura. La volontà di raccordare queste tre aree di interesse, all’apparenza così distanti, ha permesso a Manzelli di sviluppare una ricerca unica nel suo genere in Italia.
Nei suoi soggetti, il corpo della donna, assieme al sondaggio delle proprie ossessioni visionarie, diventa il pretesto per buttarsi a capofitto nella sperimentazione pittorica, e per forzare indifferentemente i confini tra i generi propri della tradizione del mezzo; in ultimo, per giocare con l’ambiguità della condizione di artista, sospesa tra la necessità di esporsi mettendo in circolo il proprio lavoro e il bisogno di ritrarsi, per tutelare la propria dimensione umana. Le signorine sono persone che, sin dall’inizio dei suoi lavori, popolano le fantasie dell’artista. Con pervicacia, Manzelli ne ha sondato le tensioni psicologiche, mostrandone fragilità e resistenza. Ipervigili ed esangui, nude o seminude, sembrano pronte per la dissezione o la sfida delle convenzioni; trattenute dalla sottile barriera della loro stessa pelle e con uno sguardo che tracima e che trafigge chi le guarda, queste donne ribaltano gli assiomi della rappresentazione del corpo femminile nella storia dell’arte, pensata per l’occhio maschile.
Nei dipinti, le signorine sono inserite dentro una spazialità astratta, costituita da ampie campiture con pattern geometrici, soggetti floreali, che richiamano le fantasie di tessuti immaginari o reali, anche di abiti dell’artista stessa, o da spazi regolati da bande verticali colorate. Centrale nelle opere di Manzelli è la relazione tra soggetto e sfondo, mantenuta in una continua tensione per cui il soggetto principale sembra emergere, e al contempo fondersi, con il contesto in cui è inserito. In questo esercizio di percezione, con i colori dello sfondo che vengono a comporre i tratti somatici delle signorine dipinte, Manzelli seduce chi guarda. La testa è l’elemento da cui l’artista da più di trent’anni inizia le proprie ricerche e attraverso cui prende forma la visione che di volta in volta dà voce alle sue ossessioni.
Nei disegni presentati in mostra, la testa emerge da un campo bianco, come spesso avviene nelle sue opere su carta. L’artista sembra voler dare voce a quella consapevolezza della fragilità e resilienza dell’essere umano sperimentata a livello globale con la più recente pandemia. La testa non figura tanto come il luogo della nevrosi ma piuttosto come un elemento formale complesso, in grado di sintetizzare e restituire storie, emozioni, tratti somatici: una sorgente infinita delle possibilità espressive dell’arte.
Questa mostra si inserisce nella programmazione annuale di Toscana al Centro.