Marina Apollonio. Oltre il cerchio


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Negli spazi espositivi della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, fino al 3 marzo 2025 è in mostra la più ampia retrospettiva mai dedicata a Marina Apollonio (1940), a cura di Marianna Gelussi,  che ripercorre l’intera carriera di una tra le maggiori esponenti dell’Arte ottica e cinetica a livello internazionale.

Marina Apollonio, Gradazione 16N, 1966, acrilico su legno, 70 x 70 cm, Collezione Holler

Figlia di Umbro Apollonio, critico d’arte, scrittore e direttore dell’Archivio storico della Biennale di Venezia dal 1949 al 1972, all’età di otto anni, nel 1948, Marina Apollonio si trasferisce proprio nella città lagunare. Qui cresce circondata da intellettuali e artisti: viene “contagiata dal virus dell’arte”, come le piace ricordare.

È sempre qui che 14 anni dopo, nel 1962, inizia la sua carriera artistica, contro il parere del padre, che pure in quel contesto l’aveva inserita fin da piccola. Eppure, la sua sensibilità si inserisce alla perfezione nel contesto culturale del tempo, segnato dalla ricerca sulla percezione. Sono i momenti seminali dell’Arte programmata e cinetica. Pur senza aderire a nessun gruppo, Apollonio è vicina a Nuova tendenza 3, dove conosce Dadamaino, con cui rimarrà sempre amica; al Gruppo N di Padova, al Gruppo T di Milano, al Gruppo Zero di Düsseldorf.

Già nel 1966, la sua maturità è tale che scrive: “Ogni mia ricerca plastica vuole essere un’indagine sulle possibilità fenomeniche di forme e strutture elementari. La forma elementare ha in sé l’astrazione totale in quanto è costituita da un programma matematico. Su questa base l’azione si svolge con assoluto rigore in un rapporto diretto tra intuizione e verifica: intuizione a livello ottico e verifica su sistema matematico. Scelta una forma primaria, quale ad esempio il cerchio, ne studio le possibilità strutturali per renderla attiva cercando il massimo risultato con la massima economia”.

Frase che da sola vale come manifesto programmatico e introduce alla mostra della Collezione Peggy Guggenheim. La quale, non a caso, parte proprio dalle Dinamiche circolari (1963), che esplorano le possibili attivazioni del cerchio. Prosegue con i Rilievi, strutture metalliche sempre nuove che catturano e scompongono l’ambiente circostante. E poi le Gradazioni, pitture in cerchi concentrici realizzate nella seconda metà degli anni Sessanta, la sottigliezza dei Rilievi a diffusione cromatica degli anni Settanta, monocromi bianchi i cui cerchi, intagliati nel supporto di plastica e dipinti nella scanalatura, prendono vita con il movimento dello spettatore, per arrivare alla forza delle Espansioni, pitture di piccolo formato dello stesso periodo, esplosioni cromatiche dalle linee di colore concentriche.

Oltre che a un nutrito nucleo di lavori su carta e materiale d’archivio, il percorso è impreziosito da due nuovi progetti site-specific: l’ambiente Entrare nell’opera, realizzato dall’artista appositamente per la mostra, e l’ugualmente inedita istallazione musicale Endings, nata dalla recente collaborazione con il compositore Guglielmo Bottin che prende il via dalla spirale di Fusione circolare del 2016, a riprova dell’attualità delle ricerche di Apollonio.

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