Giuseppe Bergomi. Sculture 1982 / 2024


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Brescia celebra Giuseppe Bergomi (1953), artista bresciano tra i maggiori esponenti della scultura figurativa contemporanea, con una retrospettiva diffusa tra i chiostri di San Salvatore e di Santa Maria in Solario del Museo di Santa Giulia e le sale del Grande miglio in Castello.

Giuseppe Bergomi, Sculture 1982 – 2024, Museo di Santa Giulia e Grande Miglio, Castello di Brescia

Visitabile fino al 1° dicembre prossimo, “Giuseppe Bergomi. Sculture 1982/2024”, curata dalla Fondazione Brescia Musei, si compone di 84 opere in terracotta e in bronzo, realizzate lungo l’arco di tutta la carriera dell’artista.

Il percorso, ordinato cronologicamente, prende avvio dal 1978, anno in cui Bergomi, fresco di diploma all’accademia di Brera, esordisce alla Galleria dell’Incisione di Brescia con una mostra di soli dipinti, uno dei quali, Lione 1958, apre anche l’attuale rassegna. Il momento pivotale, capace di dare una svolta alla sua storia professionale e di convincerlo a lasciare la pittura per la terza dimensione fu la mostra Les realismes 1919-1939 al Centre Beaubourg di Parigi.

La sua parabola nell’ambito della scultura ebbe quindi inizio nel 1982, con una personale ancora alla Galleria dell’Incisione, dove propose la prima serie di terrecotte policrome, composta da lavori intellettualmente maturi, ma tecnicamente ancora bisognosi di studio e di approfondimento. In questa mostra, oggi, si possono ammirare alcune di queste opere, caratterizzate dalla presenza come modella della moglie Alma, soggetto che sarà una costante – come le figlie Valentina e Ilaria – della sua ricerca fino ai giorni recenti, e che sottolinea l’importanza dell’aspetto biografico in ogni sua creazione.

L’esposizione prosegue con la fase in cui, a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta del secolo scorso, le terrecotte di Bergomi perdono il colore. L’artista riprende in questo modo la tradizione scultorea millenaria che affonda le sue radici nella plastica antica, in particolare quella etrusca, nel tentativo di ricostruire, attraverso la plasticità della terra, una forma organica. Appartengono a questo periodo opere come Bagnante addormentata (1991), Grande nudo di adolescente (1991) o alcuni ritratti delle figlie Valentina e Ilaria, dove la figura umana è in bilico fra il realismo della rappresentazione e la proiezione dei soggetti in una dimensione astratta, densa di rimandi simbolici.

Negli anni Duemila, Bergomi passa dalla terracotta al bronzo, dando vita a una nuova fase del suo lavoro. Opere esemplari di questo momento sono Interno di bagno con figura femminile (2001), i busti di Ilaria con cappelli dalle differenti fogge, due bassorilievi della moglie, o ancora un suo Autoritratto (2004), in cui il colore, seppur su un nuovo supporto materico, torna a essere elemento caratterizzante.

Sono proprio le creazioni di questi anni, tra le quali la grandiosa Ellisse, volutamente allestite in una suggestiva sezione ospitata negli spazi esterni del museo di Santa Giulia, che stupiscono per l’incredibile dialogo tra i volumi e le architetture del monastero.

Negli anni più recenti Bergomi accetta la sfida di confrontarsi con la statuaria pubblica: da Uomini, delfini, parallelepipedi realizzata nel 2000 per l’acquario di Nagoya in Giappone, al monumento dedicato a Cristina Trivulzio di Belgiojoso, la prima scultura pubblica mai dedicata a Milano a una donna, fino al monumento per le vittime del Covid, Cacciata dal Paradiso, per il cimitero Vantiniano di Brescia, di cui è presentato un bozzetto in gesso.

Chiudono idealmente la mostra la magnifica Africa con violoncello, esposta alla Biennale di Venezia del 2011, e l’opera inedita Colazione a letto (2024) che, attraverso la raffigurazione della moglie, delle figlie e delle nipoti, rende omaggio a tre generazioni della sua famiglia.

La mostra è corredata da un catalogo edito da Skira Arte.

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