Negli spazi della Galleria Civica di Trento, fino al 6 ottobre il Mart promuove due mostre personali: una dedicata all’artista trentina Annamaria Gelmi, le cui opere si distinguono per un’estrema semplicità e pulizia e un’altra al pittore trentino Albino Rossi (1953, Val di Sole), entrambe a cura di Margherita de Pilati.
Tra astrazione e figurazione, il lavoro di Gelmi si confronta sempre con l’architettura; multidisciplinare e concettuale, in costante dialogo con lo spazio. L’originalità del linguaggio emerge tanto nelle combinazioni geometriche, quanto nelle sperimentazioni materiche.
Nel corso della sua lunga carriera, Gelmi ha partecipato a importanti esposizioni in Italia e all’estero, attirando l’attenzione di noti critici d’arte. La mostra L’instabilità del limite è un vero e proprio omaggio che ripercorre l’intero percorso dell’artista.
Costellato di mostre internazionali, il curriculum deve molto al Trentino, dove Gelmi si è artisticamente formata e cresciuta, attingendo a piene mani, contribuendo alla vita culturale, partecipando a mostre personali e collettive come Il Museo e la sua immagine (1982) allestita negli spazi di Palazzo delle Albere e curata da Gabriella Belli, prima direttrice del Mart.
La mostra di Albino Rossi è composta da circa 60 opere di piccolo o piccolissimo formato, realizzate appositamente per l’esposizione e divise in gruppi e sequenze, che riflettono la poetica dell’artista, concentrato fin dagli esordi su una narrazione lirica e mai nostalgica della vita di montagna mediante un linguaggio pittorico figurativo, con una forte ricorrenza della natura morta.
La pittura di Rossi è essenziale, concreta, disincantata come un certo fatalismo tipico delle valli, come se fosse una necessità a cui è impossibile sottrarsi. Riproducendo una realtà familiare, conosciuta, Rossi richiama l’idea di una cultura antica, del fare in casa. I lavori raccontano di una spiritualità diffusa, ancestrale, di conoscenze minuziose di erboristica locale e saperi contadini.
Nel piano interrato della Galleria, il percorso si snoda tra frutti e fiori caratteristici dell’arco alpino, con particolare attenzione alla vegetazione spontanea delle Dolomiti di Brenta. Le opere in mostra sono interpretabili come un unico intervento site specific, un “corpus di concetti poetici”, ha scritto il Presidente del Mart Vittorio Sgarbi. Due cicli fondamentali, Fiori di montagna e Nature morte di frutti, si fronteggiano generando uno spazio di silenzio.
Le tre salette finali evocano quasi tre cappelle montane, luoghi di raccoglimento e meditazione. Il lavoro si connette così a una religiosità tradizionale, popolare, rituale.
Come quella del maestro Vallorz, la pittura di Rossi contiene un’identità sociale, un codice di segni che descrivono luoghi e atmosfere, con la tenacia dei valori condivisi che da decenni si pongono in antitesi all’over tourism e allo sfruttamento di territori e persone.
La mostra rientra all’interno dell’attività di ADAC, l’Archivio degli Artisti Contemporanei trentini, che opera per la valorizzazione, la promozione, lo studio e la conoscenza delle esperienze artistiche attive sul territorio.
Entrambe le mostre sono sostenute da Rotari.