Vai vai Saudade


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Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, museo Madre di Naopli, fino al 30 settembre ospita “Vai, vai, Saudade”, una mostra collettiva che propone un itinerario poetico articolato in una serie di racconti legati all’arte prodotta in Brasile a partire dal secondo dopoguerra. Si tratta di “appunti di viaggio” che si fondono in un percorso espositivo libero ma interconnesso da tematiche formali e concettuali, spirituali e terrene, politiche e geografiche alla base di una narrazione che segue una logica simile a quella di un romanzo diviso per capitoli.

Adriana Varejão, Ruína Modernista, 2018 Olio su alluminio e poliuretano, Collezione dell’artista, Foto Jaime Acioli

Lambendo questioni urgenti del Brasile continentale, moderno e contemporaneo, la mostra prende il titolo da una samba composta da Heitor dos Prazeres (Rio de Janeiro, 1898 – 1966), artista Carioca che fu tra i primi a subire la censura della dittatura militare nel 1964.

Organizzata per associazioni, a volte inattese, e dialoghi tra artisti, la mostra inizia con un primo capitolo rappresentato dal confronto tra l’opera Livro da Arquitetura (1959-60) di Lygia Pape (Nova Friburgo, 1927 – Rio de Janeiro, 2004), che descrive la storia dell’uomo come costruttore di civiltà attraverso un inventario di archetipi architettonici e una via sacra dell’artista della regione di Acre, Hélio Melo (Vila Antimari, 1926 – Goiânia, 2001), che racconta la distruzione del suo l’habitat naturale da parte di quello stesso uomo “civilizzato” attraverso metafore e allegorie poetiche. La mostra si conclude con la serie Era uma vez a Amazônia di Jaider Esbell (Normandia, Rorania, 1979 – San Paolo, 2021), dove l’artista racconta dell’impoverimento delle condizioni di vita delle popolazioni originarie dell’Amazzonia e del futuro incerto di questa terra vissuta per generazioni nel rispetto del suo ecosistema. Dalla fine della schiavitù, abrogata soltanto nel 1888, alle immigrazioni di massa da paesi come l’Italia, il Libano, il Giappone e la Germania, sino al più recente bolsonarismo, il Brasile ha vissuto a cavallo tra positivismo e democrazia, dittatura e censura, frustrazione e speranza senza mai abbandonare lo spirito resiliente tipico dei paesi che hanno vissuto una storia coloniale. Un paese che ha esportato la lotta per i diritti delle popolazioni originarie e afrobrasiliane in tutto il mondo facendosi baluardo di valori umanistici e democratici. Intenzione di questa mostra, a cura di Cristiano Raimondi, è quindi quella di presentare il Brasile come terra fertile di idee e rivoluzioni artistiche, un paese che ha saputo costruire un’identità basata sulla valorizzazione del multiculturalismo e fusione di  linguaggi plurimi sfidando le visioni eurocentriche per una storia dell’arte a una sola direzione: il Brasile è sin dai principi del secolo scorso tra i grandi attori delle avanguardie nella scena mondiale e non esiste avanguardia senza l’osservazione delle culture ancestrali o semplicisticamente considerate popolari.

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