La mostra Luigi Bartolini incisore, alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma fino al 1 settembre, rende omaggio a uno degli artisti marchigiani più complessi e interessanti del Novecento italiano, a sessant’anni dalla sua scomparsa, per volere della figlia, Luciana Bartolini, che presiede l’Archivio Luigi Bartolini.
Luigi Bartolini (Cupramontana, 1892 – Roma, 1963) è stato uno dei più importanti incisori dello scorso secolo, inesauribile sperimentatore, poliedrico ed eclettico, è stato anche pittore e critico d’arte, scrittore di poesie e prose di notevole valore letterario, tra cui Ladri di biciclette, pubblicato per l’editore romano Polin nel 1946, suo maggior capolavoro, reso immortale da Cesare Zavattini e Vittorio De Sica nella omonima pellicola vincitrice dell’Oscar nel 1948.
Da un’idea di Vittorio Sgarbi, la mostra è curata da Alessandro Tosi, promossa dall’Archivio Luigi Bartolini, prodotta e organizzata da AMIA, Associazione Marchigiana Iniziative Artistiche, con il coordinamento scientifico di Stefano Tonti e Arianna Trifogli, con il sostegno della Fondazione Roma e il patrocinio della Fondazione Marche Cultura.
Artista presente al suo tempo, Bartolini divenne presto punto di riferimento per i giovani artisti e intellettuali a lui contemporanei. Fu sempre animato da un profondo tormento interiore e da una feroce tensione polemica nei confronti della realtà, che riflesse nei suoi lavori in uno stile estremamente poetico, ma inquieto, insistito e a volte brusco.
Attraverso l’osservazione delle sue suggestive acqueforti, l’esposizione alla GNAM vuole far luce sul punto centrale della riflessione bartoliniana, ossia il processo generativo dell’arte, considerato l’unico momento in cui è possibile il rivelarsi di una verità altra e più profonda, di cui l’artista cercò sempre di farsi portavoce.
Attraverso l’esposizione di circa 100 opere tra incisioni, (acqueforti, acquetinte, puntesecche) documenti inediti e fotografie, opere letterarie, la mostra celebra a Roma la ricorrenza della scomparsa dell’artista; una città a lui cara, dove frequentò l’Accademia di Belle Arti e l’Accademia di Spagna e, in seguito, scelse di lavorare e risiedere stabilmente, dopo aver ricevuto una cattedra presso il Regio Museo Artistico Industriale nel 1938.
Le affascinanti acqueforti in mostra, di cui fanno parte della collezione della GNAM i lavori Martin pescatore (1935), Ragazza alla finestra (1929) e Il grillo domestico (1926), permettono di ammirare da vicino l’unicità e la qualità del tratto del maestro marchigiano, profondamente appassionato al suo lavoro, tanto da dichiarare di preferire l’incisione alla pittura, perché capace di resistere di più al passare del tempo.
Al di là della sensazionale capacità tecnica, le opere di Bartolini si caratterizzano per il loro valore medianico, che trova punto focale nell’idea dell’origine angelica del processo creativo.
Quello dell’artista è uno sguardo panico, una trance dionisiaca capace di portare a visioni di incredibile chiarezza, fino a raggiungere il segreto ultimo delle cose. Da qui la frenesia del gesto incisorio bartoliniano, volto a fermare sulla lastra il suo punto di vista privilegiato, per poterlo condividere con gli amatori delle sue buone acqueforti. L’arte diventa quindi un gesto assoluto, una vera e propria esigenza che non tiene conto del medium attraverso cui si dichiara. Un processo, questo, in cui Bartolini riesce grazie alla sua sconvolgente eloquenza.