Nello Spazio IsolaSET di Palazzo Lombardia, Milano, fino al 2 luglio è allestita la mostra di Ubaldo Bartolini, a cura di Luca Tommasi, con un percorso antologico che va dagli anni Ottanta sino a oggi, composto da 53 opere di pittura a olio che raccontano l’attività dell’artista marchigiano che, nato a Montappone (Ascoli Piceno) nel 1944, è stato uno dei fondatori della corrente che Maurizio Calvesi battezzò Anacronismo, insieme con Carlo Maria Mariani, Alberto Abate, Stefano Di Stasio e tanti altri.
Bartolini ha esposto le sue opere in oltre 70 mostre personali e collettive, in gallerie e musei di tutto il mondo. In occasione della XLI Biennale di Venezia gli è stata assegnata una sala personale ed è stato inserito nella collettiva “Novecento, arte e storia in Italia”, ospitata presso le Scuderie papali del Quirinale. In circa 60 anni di attività, l’artista marchigiano ha percorso quelle tappe significative che lo hanno condotto dalle prime esperienze concettuali a una ristrutturazione del concetto di paesaggio che, muovendo dalle esperienze classiche, ha perso via via i connotati realistici per diventare rappresentazione di pure istanze interiori.
Così Luca Tommasi presenta l’artista: “Bartolini dipinge un paesaggio senza paese, un luogo della fantasia senza nulla di realistico, un paesaggio come rielaborazione culturale che, trasformandosi da stereotipo in archetipo, non può che guardare stilisticamente a quello sei-settecentesco di artisti quali Claude Lorrain o Gaspard Dughet, quando il paesaggio iniziò ad apparire come un genere artistico autonomo, salvo poi contaminarlo con gli echi della grande stagione romantica e simbolista facendo affiorare il tema del sublime mutuato da artisti quali Caspar Friedrich e Arnold Böcklin. ‘Il lavoro’, dice Bartolini, ‘non segue un percorso temporale ma la sua narrazione insiste nello stesso punto topico, quasi come se fosse uno sviluppo senza crescita, un significante senza significato’. Così affermando, l’artista nega qualsiasi forma di realismo ma anche di idealismo, perseguendo una concezione mentale del paesaggio che non può mai essere di retroguardia”. Mentre Gianluca Comazzi, assessore regionale al Territorio e Sistemi verdi, precisa: “Il richiamo alla bellezza non è mai un’operazione di vacua ricerca estetica ma il desiderio di armonia ed equilibrio che va oltre il fenomeno artistico e interessa tutta la società. Il tema del paesaggio, che in Bartolini ripropone un vedutismo di origine sei-settecentesca, sprona chi come me è in prima linea nella difesa del territorio all’importanza della tutela e della valorizzazione paesaggistica dell’intera Lombardia; una scelta strategica, per far crescere negli abitanti la consapevolezza dei valori del paesaggio e favorirne la fruizione”.