Basquiat, Haring, Banksi. Il mondo internazionale e misterioso della Street Art


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A detta del suo curatore Matteo Vanzan la mostra è un percorso espositivo che racconterà l’evoluzione di un linguaggio che lascia, ed ha lasciato, tracce nel mondo dell’arte contemporanea, qui composta da opere provenienti dalla Francia, Spagna, Inghilterra e Stati Uniti in un’alternanza di lavori su tela, carta, legno, serigrafie, poster e memorabilia (ad es. le scarpe di Basquiat) le quali segnano un’epoca eroica che va dal Underground al Graffitismo fino alla Street Art con l’estensione nel Murales.

Boris Brollo davanti al manifesto della Mostra sulla Street Art a Caorle

La mostra tende da una parte a documentare tutti questi passaggi e a ricrearne la storia attraverso le opere partendo dall’articolo Spawns Pen Pals del New York Times del ‘71 dedicato al “graffitaro” TAKI 183. Viene da questi artisti il concetto di Tag (*) che corrisponde grosso modo alla loro firma. Nel suo percorso “ondivagante” l’esposizione ha modo di esibire opere importanti di ogni Autore, presente in mostra, fino a toccare il Padre di tutta la modernità artistica: Andy Warhol. Siamo agli inizi, qui, degli anni Ottanta anche se la mostra fa partire con Taki 183 del 1971 l’inizio del graffitismo movimento di ribellione all’arte imperante, di tipo razionalista, come la Land Art, il minimalismo ed il concettualismo di Donald Judd, Carl Andre, Richard Morris, Sol Lewitt, Kosut e tanti altri. Gli esclusi, per così dire, da queste correnti erano soprattutto ragazzi di colore che provenivano dalle periferie come TriBeCa, SoHo, East Village, i quali sentivano che questo modo di operare non apparteneva loro, e nell’aria c’era un grande bisogno di cambiamento. Non avendo gallerie o musei che li supportavano essi iniziarono a scrivere sui muri, nelle stazioni della metro, sui vagoni della metropolitana con le loro firme (Tag) scritte come fossero opere e quindi riconoscibili e che attraverso il movimento di massa che viaggiava sui treni e nella  metro sarebbero stati riconosciuti in qualsiasi luogo della città. La firma come un geroglifico diventa identità personale. Ed ecco Al Diaz con Samo (Michel Basquiat), Ramzeele, Kenny Scharf, Donald Baechler, Lee Quinones darsi un gran daffare per essere presenti nella scena newyorkese. Ispirati anche dai più vicini e maturi Julian Schnabel, David Salle e Ronnie Cutrone (che lavorava alla Factory di Warhol). Però, come ogni cosa, non nasce dal caso. Come diceva Warhol: l’idea è nell’aria e chi la sente per primo si porta a casa la fama, anche se questa poi dura non più di 15 minuti. Sempre a suo dire! Collezionisti e mercanti si tuffarono su questa nuova “frontiera” dell’arte, la quale trovava finalmente corrispondenza di intenti e lavoro e di vendite in giovani galleristi come Anina Nosei (origine italiana), Fashion Moda e altri che portarono avanti questa pattuglia. Come sempre però il mercato seleziona i più bravi; dopo un periodo eroico che ha visto ripetere le loro Tag (firme) riportate su tela come quadri ci si è accorti che queste perdevano mordente rispetto al contesto sociale in cui erano nate! Pertanto alla “mensa” delle vendite furono ammessi Michel Basquiat, dopo il dipinto dedicato a sé stesso: “Samo is dead (Samo è morto)”, e l’ottimo Keith Haring. Entrambi già amici provenienti dalla SVA (School of Visual Arts) e frequentatori del mondo glamour discotecaro dello Spectacolor Billboard e del Club 57 di New York frequentati da Andy Warhol e dalla sua ghenga. Erano i mitici Anni Ottanta con cantanti e attori fra cui la stessa Grace Jones dipinta dal vivo da Haring. E in cui Mark Kostabi fece presenza alla grande. Come si diceva nulla nasce dal Nulla. Nel 1980 Achille Bonito Oliva lancia la Transavanguardia Italiana col suo Genius Loci dove la pittura diventa storia locale che si rifà alla storia nazionale precedente dentro l’eterna “ripetizione” del mondo. Così va l’arte, e l’anno successivo 1981 scrive la Transavanguardia Internazionale dove cita numerosi artisti americani che usavano la pittura contro il “razionalismo” della scuola concettuale tout court. E costoro si trovano citati sotto l’etichetta del Pattern Painting nata sempre a New York nel 1975 sorretta dalla galleria di Holly Solomon con Robert Kushner, Robert Zakatanich, Jonathan Borofskj. Ma ciò successe pure in Germania con il gruppo neo espressionista Mulheimer Fraiheit, dal nome della strada in cui avevano lo studio di pittura Walter Dhan,  Peter Bommels, H.P. Adamskj e George Dokoupil. Insomma un fiorire di pittura nelle gallerie, nelle strade e nelle discoteche. Così potemmo vedere da Mazzoli a Modena la prima mostra di Basquiat nel 1981. Mazzoli sosteneva Achille Bonito Oliva con la sua Transavanguardia e suoi 5 cavalieri: Paladino, De Maria, Cucchi, Chia e Clemente che spostatosi, poi, negli USA lavorerà a 6 mani con Warhol e Basquiat. Questa “nuova stagione” della pittura segna, dopo questa sbronza di colore, la sua fine durata per oltre un decennio fino agli anni ‘90. Anni che rispecchieranno il ritorno della performance e apriranno alla fotografia ed al video per “stendersi” lungo la storia di questi ultimi vent’anni senza gloria né onore. Ripescando il passato, rivisitandolo e aggiustandolo, salvo qualche eccezione. Una di queste eccezioni è Banksy. Di cui non si conosce il nome, anche se si mormora. E i rumors sono stati messi a tacere bloccando gli amici con diffide legali e contratti capestro stretti con collezionisti e galleristi. Ma mentre Cattelan manda l’amico critico Massimiliano Gioni a parlare con gli addetti dell’arte, Banksy, al contrario, pretende il silenzio. Improvvisa colpi teatrali pitturando murales in posti impossibili, come quello sul muro che divide Israele da Gaza, o su di un Palazzo Veneziano, o su altri luoghi inusitati. Cioè colpisce come un Robin Hood contro lo sceriffo di Nottingham. Recentemente ha dato un suo quadro in vendita ad una Casa d’Aste famosa che, messo in vendita, mentre il battitore descriveva al pubblico il quadro questo, grazie ad un meccanismo, si è messo in moto e ne ha fatto strisce filanti. Ciò nonostante è stato battuto per un 1.200.000 euro! Ritengo impossibile che non sapessero a chi darli questi soldi. Inoltre sull’esempio della Factory warholiana pure lui ha messo in piedi un’Agenzia che vende le riproduzioni di grafica delle sue opere più importanti fatte sui muri. In questa mostra vi sono opere originali di Basquiat, Haring, Warhol, Taki 183, Donald Baechler, KayOne, Banksy, Stelio Faitakis e tanti altri. La mostra dura fino al 1° settembre 2024, al Centro Culturale Bafile di Caorle (VE). Per informazioni: tel. 0421.81085.

(*) NOTE: Un tag (si pronuncia tag, letteralmente etichetta, marcatore o identificatore) è un termine o una parola chiave che assieme ad una determinata informazione – come ad esempio a un’immagine identifica l’Autore. I tag vengono di solito scelti in maniera informale e/o personale dal creatore dell’oggetto stesso.

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