Il Labirinto della Masone a Fontanellato (PR) ospita, fino al 30 giugno prossimo, la nuova mostra “Musca depicta. C’è una mosca sul quadro” a cura di Sylvia Ferino ed Elisa Rizzardi, una grande esposizione dedicata alla presenza della mosca nell’arte. Il piccolo insetto, che da sempre ha esercitato una particolare attrazione su intellettuali, letterati e artisti, diventa eclettico protagonista delle sale espositive del Labirinto, ripercorrendo le molte raffigurazioni e riflessioni che di questo ci sono state nell’arte, a partire dalla scuola di Giotto fino al contemporaneo.
La predilezione per l’insolito e il bizzarro che ha contraddistinto le pubblicazioni di Franco Maria Ricci lo portò quarant’anni fa a pubblicare uno dei suoi volumi più affascinanti, dal titolo Musca depicta. Dedicato al tema della mosca in pittura, con testi di Luciano di Samosata, Leon Battista Alberti, Luigi Pirandello, Giorgio Manganelli e con un saggio illuminante dello storico dell’arte André Chastel, magnifiche illustrazioni della pittura europea dal XV al XVII secolo raccontano alcune delle incarnazioni artistiche del ronzante dittero, da sempre considerato molesto, fastidioso e inopportuno, ma il cui fascino ha svelato nel tempo retroscena e curiosità controverse.
Nell’antichità la rappresentazione realistica di una mosca nel quadro poteva suggestionare diverse interpretazioni, dal monito cristiano di non cedere alla matericità del mondo, fino all’idea che l’effimero insetto potesse incarnare la fugace fama dell’artista, passando per l’inganno, il trompe l’oeil, che dimostrava il virtuosismo del pittore. A tal proposito celebre è diventato l’episodio (raccontato prima da Filarete e poi, naturalmente, dal Vasari) secondo cui il giovane Giotto ingannò Cimabue aggiungendo in un dipinto del maestro una mosca così veritiera che Cimabue cercò più volte di scacciare, prima di accorgersi dello scherzo dell’allievo. Andato dapprima su tutte le furie, ebbe la riprova che il suo discepolo avrebbe avuto un raggiante futuro. Anche dalla seconda metà del Quattrocento a tutto il Seicento, molti pittori si cimentarono nella riproduzione dell’insetto in composizioni sacre e profane. Questo scherzo illusionistico, che all’inizio serviva ad affermare la propria abilità tecnica (nel campo naturalistico e in quello anatomico, come diceva Leonardo, gli artisti avevano sempre preceduto gli studiosi), con il tempo si evolve e si declassa di significato, tra chi considerava la mosca simbolo mortuario e precario, fondamentale corredo di Vanitates e ricco di simbologie, e chi invece un insetto come tanti, trovatosi a dover competere nelle nature morte di bellissimi fiori e frutti con farfalle, bruchi, libellule decisamente più colorati e attraenti.