Nell’ambito del progetto Galleria Aperta, a cura di Alessandro Sarteanesi e Marco Pierini, organizzato dalla Fondazione Guido d’Arezzo e dall’associazione culturale Le Nuove Stanze e Magonza, con il patrocinio del Ministero della Cultura, la Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Arezzo ospita fino al 2 giugno la mostra “Sergio Lombardo. Una programmatica differenza”, a cura di Moira Chiavarini e Simone Zacchini, con la collaborazione dell’Archivio Sergio Lombardo.
La mostra di Arezzo ripercorre la lunga e poliforme carriera di Lombardo (Roma, 1939), protagonista centrale, sia come artista che come teorico, dell’avanguardia italiana degli ultimi sessant’anni. Ad un’accurata selezione di opere pittoriche, scultoree e installative dagli anni Sessanta agli anni Novanta, sono affiancate opere recenti inedite e fotografie, video e materiali cartacei provenienti dall’archivio dell’artista. L’obiettivo è quello di sottolineare l’estrema coerenza teorica che accomuna le varie serie di opere a cui Lombardo si è dedicato, le quali, pur nella loro discontinuità stilistico-formale, testimoniano la “programmatica differenza” della sua ricerca d’avanguardia rispetto al contesto dell’arte italiana dello stesso periodo.
La prima sezione della mostra è dedicata agli anni Sessanta, quando un giovanissimo Lombardo entra in maniera dirompente sulla scena, insieme ad altri artisti, quali Renato Mambor e Cesare Tacchi, che saranno ribattezzati “Scuola di Piazza del Popolo”. Le opere pittoriche della prima metà del decennio (Monocromi, Gesti Tipici, Uomini Politici Colorati) vengono messe in relazione con quelle scultoree e installative (Superquadri e Supercomponibili) realizzate, dal 1965 in avanti, in aperta rottura con quella critica che, interpretando la sua pittura come figurativa, l’aveva riletta in maniera erronea e riduttiva, anche alla luce del contemporaneo successo della Pop Art statunitense. In questa tipologia di opere troviamo già in nuce i principi teorici che Lombardo svilupperà successivamente, poi racchiusi nel manifesto La teoria eventualista pubblicato nel 1987: spontaneità, astinenza espressiva e strutturalità.
La seconda parte della mostra è dedicata agli anni Settanta: decennio fondamentale per comprendere l’evoluzione della ricerca artistica di Lombardo verso la psicologia sperimentale che, dopo la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1970, lo spinge a consolidarsi anche come teorico d’avanguardia. Dal Progetto di morte per avvelenamento (1970) allo Specchio Tachistoscopico con stimolazione a sognare (1979), la selezione delle opere (Concerti Aleatori, Esperimenti con lancio di dadi) e dei materiali d’archivio di questo periodo, dimostra le radicali scelte di Lombardo che, per mantenere la sua indipendenza rispetto a un mondo dell’arte sempre più banalizzato dal mercato, lo portano in pochi anni a fondare il Centro Studi “Jartrakor” (1977) e la Rivista di Psicologia dell’Arte (1979).
Successivamente la mostra si sofferma sulla Pittura Stocastica degli anni Ottanta e Novanta, quando Lombardo ritorna alla pittura, iniziando a studiare le potenzialità della percezione e dell’interazione inconscia. Se nelle opere “interattive” realizzate tra il 1965 e il 1979 l’intervento del pubblico era spesso pensato come un’attività fisicamente evidente, nella Pittura Stocastica questo si attua attraverso i meccanismi cognitivi della sola visione. Lombardo studia algoritmi matematici capaci di creare forme senza senso che offrano la più ampia gamma interpretativa possibile. Queste forme sono realizzate attraverso algoritmi randomici costruiti dallo stesso Lombardo, che danno il nome alle varie serie e che anticipano uno dei temi più controversi dei nostri giorni: l’intelligenza artificiale. In conclusione, la mostra presenta un’apertura sull’attualità della ricerca di Lombardo, e sposta l’asse dell’esposizione oltre quello di una semplice ricognizione retrospettiva.