Il MAMbo, Museo d’Arte Moderna di Bologna del Settore Musei Civici Bologna, inaugura la programmazione espositiva della Sala delle Ciminiere per l’anno 2024 con la mostra “Ludovica Carbotta. Very Well, on My Own”, a cura di Lorenzo Balbi con l’assistenza curatoriale di Sabrina Samorì, visitabile fino al 5 maggio 2024.
Questa mostra è un progetto realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito di Italian Council (11a edizione, 2022), il programma di promozione internazionale dell’arte contemporanea italiana.
La mostra antologica di Ludovica Carbotta (Torino, 1982) prende avvio da una ricerca sull’individualità e sul rapporto con lo spazio pubblico nell’accezione tangibile di città e, in quella astratta e infrastrutturale, di istituzione. Il titolo “Very Well, on My Own” rimanda a una specifica idea di privacy e individualità in cui ognuno cerca riparo per far fronte alle ingerenze del mondo esterno e della propria psiche. L’esplorazione sulle modalità di connessione degli individui con l’ambiente che li circonda è il focus dell’incipit della mostra. L’artista esperisce lei stessa la città con il proprio corpo attraverso processi empirici che esulano da conoscenze pregresse e metodologie di misurazione convenzionali.
In “Il viaggio è andato a meraviglia” (esercizio uno) (2010) si concretizza il tentativo dell’artista di diventare parte integrante di un paesaggio urbano con il fine di poterlo comprendere dal suo interno. Nelle sue azioni l’ordine di grandezza è il corpo, lo spazio che occupa, la staticità che è in grado di esercitare, l’ombra che potrebbe o meno proiettare sul manto stradale. In “Non definire la superficie” (2011), l’artista cerca di attraversare la città senza proiettare la propria ombra, mettendo così in atto l’improbabile sparizione della propria fisicità dalla scena. Il confronto con la dimensione urbana, sia reale che immaginifica, è esplorato a più riprese, tanto nella ricerca artistica di Carbotta quanto lungo tutto il percorso espositivo.
Creata secondo un simile principio additivo è la serie più recente di sculture “Paphos” (2021-2024), progetto in cui l’artista riflette sull’idea di crescita e di trasformazione in relazione alla pratica scultorea. Il nucleo originario di questi manufatti di bronzo, ceramica e resina a base d’acqua, è manipolato nel tempo dalla stessa artista che lo allaccia a un processo di crescita.
L’altra serie presente in mostra è “Die Telamonen” (2020–2024), una famiglia di sculture in cui ciascuna è la riproduzione dell’altra. A partire da differenti metodologie di produzione scultorea e dai conseguenti risultati formali, ogni membro di questa famiglia ha generato una propria storia e un singolare profilo psicologico. Il gruppo scultoreo, dunque, rappresenta una rielaborazione di ciò che l’artista definisce fictional site-specificity, una forma di pratica site-specific che elabora contesti immaginari o materializza ambienti reali tramite il linguaggio della finzione.
La riflessione di Ludovica Carbotta sulla condizione d’isolamento dell’essere umano si è concretizzata in questi anni nel progetto di ricerca intitolato “Monowe” (2016 – in corso), il suo più ampio ciclo di opere che racconta di un agglomerato urbano fittizio abitato da una sola persona. L’installazione del 2016 della città immaginaria “Monowe” (Entrance to the City) al Parco del Cavaticcio di Bologna (realizzata in occasione di Dopo, Domani, ON, a cura di Martina Angelotti) è stato un importante tassello del progetto che si conclude in mostra al MAMbo con la proiezione, in anteprima, dell’omonimo film.
Il percorso espositivo continua con opere che riflettono sul valore materiale e simbolico della rovina, luogo privilegiato della fictional site-specificity, in cui l’artista adotta uno sguardo archeologico sia sul passato che su un futuro immaginario.
La mostra si conclude con una selezione di opere che adoperano la tecnica del calco, sia dal punto di vista formale che concettuale. Il “vuoto” diventa metafora di un confine invisibile da indagare attraverso metodi empirici e intuitivi. L’esposizione è accompagnata dal libro bilingue italiano/inglese Very Well, on My Own, a cura di Caterina Molteni, edito da Edizioni MAMbo.