Arriva a Roma ART DINERS, nuovo progetto suddiviso in quattro stagioni, che pone in dialogo artisti contemporanei con il mondo della cucina. Nato a Londra da un’idea della storica dell’arte e artista Irene Machetti, l’iniziativa approda nel cuore di San Lorenzo, a pochi passi da Pastificio Cerere e dalle maggiori gallerie d’arte della zona. A ospitare i quattro eventi è lo studio di Paolo William Tamburella a Villino Sartorio, bellissimo palazzo di fine Ottocento solitamente non accessibile al pubblico, ora sede di importanti atelier e studi d’artista.
ART DINERS, realizzato dal giovane collettivo curatoriale di Irene Machetti, Marta Gaudino e Alessia Simonetti, chiama artisti con linguaggi visivi differenti a cimentarsi per la prima volta con la performatività della loro opera. Dalla ceramica, all’installazione, al video, Paolo William Tamburella e Catriona Gallagher, i primi due artisti coinvolti, hanno ripresentato la loro opera in chiave partecipativa. Lo scopo è quello di scardinare le usuali dinamiche di fruizione dell’opera d’arte, proponendo al pubblico una partecipazione e ricezione attiva del lavoro dell’artista. A coronare quest’idea sono le installazioni edibili e dinamiche pensate appositamente da Machetti, che volta per volta rilegge la poetica dell’artista per creare un dialogo tra l’opera proposta e il cibo.
L’ultima stagione di ART DINERS (7-10 ottobre 2023) ha presentato le opere di Catriona Gallagher, artista inglese da poco vincitrice del Bridget Riley Fellowship alla British School at Rome, che sostiene il progetto insieme al British Council e SaLAD. Gallagher ha portato la sua estesa ricerca sulla pianta parietaria, presentando una selezione del corpo di lavoro “The Collector’s Archive” e il video “Perdikaki” (dal greco περδικἀκι, parietaria). Da molti considerata oggi un’erbaccia infestante e fastidiosa, la parietaria era in realtà molto apprezzata nell’antichità per le sue proprietà curative e cicatrizzanti. Nell’opera di Gallagher, una ricerca lunga e contemplativa sulle origini mitico-storiche di questa pianta, la parietaria assume un significato simbolico, conducendo l’artista in una critica dal carattere psico-sociale sulla relazione tra umanità e natura. Gallagher gira per le strade deserte di Atene e, attraverso la crescita della pianta, inizia a porci domande sullo sviluppo urbanistico della città, sul significato degli spazi, sulla profonda conoscenza che potremmo tratte dalla natura ma che spesso dimentichiamo.
Nella serata di apertura, questo corpo di lavoro, diviso in tre atti e presentato coma una specie di piece teatrale tra letture, proiezioni e disegni da svelare al lume di candela, è entrato in un profondo dialogo con l’installazione pensata da Machetti. Ogni atto ha coinvolto il pubblico in una continua modulazione delle opere d’arte presentate, dove si intersecavano la lettura di parti dello script del video “Perdikaki”, la proiezione di alcune sezioni dello stesso, e l’atto del mangiare collettivamente l’opera di Machetti.
Nella ricerca della food artist, la parietaria si identifica nel “pharmakon”, termine greco che simboleggia tanto il rimedio quanto il veleno. Da questa ambivalenza parte una riflessione sul nostro rapporto con il cibo, tanto nutrimento fondamentale e motore sociale quanto, nel contemporaneo, motivo di distacco e superficialità. Il menù ideato era infatti basato sulle piante medicinali e soprattutto sui contrasti di sapori: involtini di riso in agrodolce appoggiati su una terra di caffè, crema dolce alla barbabietola e grappa allo zenzero.
Al centro della sala, allestita con una raccolta di disegni, annotazioni e bozzetti provenienti dall’archivio dell’artista inglese e la proiezione del video “Perdikaki”, i visitatori sono stati accolti da “Plato’s Pharmacy”, il giardino edibile creato dalla food artist, che prende il nome dall’omonimo saggio di Jacques Derrida che celebra proprio l’ambiguità delle parole. Machetti l’ha costruito davanti agli occhi del pubblico, sovrapponendo a un terriccio edibile fatto di caffè e cacao degli involtini alle erbe aromatiche, cotti in un infuso di artemisia (pianta molto legata alla donna) e delle uova all’aceto rosa. Durante il secondo atto, mentre nell’aria aleggiano ancora le letture dello script di Gallagher, la food artist ha servito una sfoglia di pasta fresca cotta nel fico, con pressate all’interno diverse varietà di fiori e piante, direttamente sulle mani dei commensali. La sfoglia di pasta era stata pensata appositamente per adattarsi al corpo umano. un invito a riprendere coscienza dell’atto del mangiare, ad avvicinarci al cibo come simbolo di unione.
ART DINERS propone una novità sul panorama artistico del momento, non solo per il connubio che crea tra più linguaggi visivi, quello più prettamente artistico e quello del cibo, ma anche per le modalità di fruizione che presenta. Avvolto dal fascino di Villino Sartorio, illuminato solo a lume di candela, il pubblico è immerso in una dinamica nuova, dove tutti i sensi diventano protagonisti di una nuova, intima ricerca.