Il Museo della ceramica Alfonso Tafuri, in collaborazione con la Fondazione Filiberto e Bianca Menna, il Lavatoio Contumaciale e Arteam Cup, mediapartner Espoarte, propongono “Sussurri e Grida”, un progetto speciale di Narda Zapata che si tiene negli spazi del Museo Tafuri di Salerno, fino al 30 novembre, quale premio vincitore, sezione fotografia, della 7a edizione di Arteam Cup (concorso ideato dall’Associazione Culturale Arteam di Albissola Marina) tenutasi a Savona, nel Palazzo del Commissario, sulla Fortezza del Priamàr.
Muovendosi in punta di piedi nella collezione Alfonso Tafuri, Narda Zapata (La Paz, 1981) disegna un percorso alla ricerca di opere realizzate appositamente per lo spazio e legate ad alcuni prestigiosi manufatti che richiamano alla memoria la forza e la fragilità di un materiale sorprendente, capace di attraversare il tempo e di conservare, anche se in alcuni casi maltrattato, il suo lucido splendore.
Pensati per i due piani del museo, degli interventi audio invitano a riflettere, infatti, sulla delicatezza e sulla robustezza della terracotta: si tratta, nello specifico di un lavoro collocato al piano inferiore del museo, “La voce della ceramica” (2023) in cui appena aperto il forno si sente lo scricchiolio della ceramica e di un altro, “Le grida della ceramica” (2023), in cui il pubblico può avvertire il rumore di piatti che cadono e si frantumano.
Accanto a questi primi due lavori che trasformano lo spazio in un’opera d’arte integrale e totale, è disseminato un piccolo esercito di personaggi muti di zucchero (“nel mio paese si chiamano Clientes e vengono inseriti nella Mesa andina come auspicio per avere tanti clienti”) la cui funzione, in mostra, è quella di rappresentare “Gli osservatori” (2023) silenziosi del museo che vogliono attirare lo sguardo del fruitore.
Al piano superiore del museo, “Una parte per il tutto” (2023) è un progetto fotografico che parte da un coccio ceramico, fotografato dall’artista per poi essere ritagliato e ricucito prendendo spunto dall’antico mestiere della conza e dalla figura (dall’antico mestiere) del “conza piatt”.
Lavorando sempre sul frammento, all’esterno del museo, è poi esposto un lavoro grafico che parte dal disegno di una delle mattonelle conservate al piano inferiore del museo. È una sorta di manifesto bianco, senza alcuna scritta, con un motivo geometrico rielaborato, a tratti estraniante, collocato all’ingresso del museo, come opera effimera e come segnaletica prosciugata di ogni riferimento a mostre o altro. Il titolo della mostra richiama alla memoria un film scritto e diretto da Ingmar Bergman (Viskningar och rop) nel 1972.