Dopo le quattro tappe del tour americano, il grande successo alla Villa Reale di Monza e l’ultima tappa in Israele, la mostra “Keith Haring. Radiant Vision” torna in Italia, presso Palazzo Tarasconi di Parma fino al 4 febbraio 2024.
L’esposizione è prodotta da General Service and Security e GCR. La Direzione Artistica e di Produzione è affidata a WeAreBeside ed è curata da Katharine J Wright.
Oltre 100 opere del più celebre artista pop degli anni ‘80, provenienti da una collezione privata, tra litografie, serigrafie, disegni su carta e manifesti, illustrano l’intero arco della breve ma prolifica carriera di Haring, esaminando diversi aspetti della vita e della produzione dell’artista, tra cui i disegni in metropolitana e la street art, le mostre in alcune delle più famose gallerie di New York, il Pop Shop e il suo lavoro commerciale.
Il progetto espositivo vuole essere un tributo all’artista, appassionato sostenitore della giustizia sociale e che si è sempre dedicato ai giovani di tutto il mondo, sostenendo la loro salute e i loro diritti e supportando al contempo il loro sviluppo creativo.
Keith Haring (1958-1990) è stato probabilmente l’artista americano più affermato e di spicco degli anni Ottanta.
Il percorso della mostra si divide in nove sezioni: dall’ “Iconografia”, in cui si racconta di come Haring si sia appassionato allo studio dei simboli e nonostante le sue abilità di disegnatore migliorano le linee si evolvono in pittogrammi runici dando vita al suo lessico visivo: cani che abbaiano, bambini radiosi, volti sorridenti, uomini segnati, figure danzanti, folle pulsanti, televisori incandescenti e UFO che si spengono, tra gli altri simboli. Per poi raccontare gli inizi e la vita nella città di New York, dove Haring si trasferisce nel 1978 per studiare alla School of Visual Arts e alla sezione dedicate alla “Giustizia Sociale”.
Una sezione è dedicata al lavoro fatto con i giovani, in mostra la Kalish Suite un gruppo di undici incisioni che rappresentano lo sforzo congiunto di Haring e di Sean Kalish, un bambino delle elementari che frequentava il Pop Shop e che mostrava un talento precoce per i disegni dinamici e lineari simili a quelli di Haring.
In mostra anche Medusa Head, la più grande stampa mai realizzata da Haring, lunga più di due metri e alta quasi un metro e mezzo. L’opera è stata creata in collaborazione con il tipografo danese Borch Jensen che, dopo aver conosciuto Haring a una cena, ha invitato l’artista a sperimentare la sua macchina da stampa, lunga tre metri, appena installata. L’opera è una rivisitazione moderna del racconto greco di Medusa, una donna alata i cui capelli erano composti da serpenti in grado di trasformare gli astanti in pietra. Per Haring, che nel 1986 era stato testimone degli effetti mortali dell’AIDS ma non aveva ancora ricevuto la diagnosi, il mostro mitico era un simbolo appropriato della terrificante malattia che uccideva i suoi giovani amici sani in un batter d’occhio.