Agostino Arrivabene. Thesauros


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La Fondazione Ferrara Arte e il Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara presentano una mostra antologica dedicata ad Agostino Arrivabene, aperta fino al 1 ottobre e realizzata a cura di Vittorio Sgarbi.

Agostino Arrivabene, Il sogno di Asclepio, 2015, Collezione Agostino Arrivabene

Quaranta opere realizzate dal 1985 a oggi sono raccolte sotto al titolo “Thesauros” (nella Grecia antica i piccoli edifici che venivano offerti alle divinità nei santuari) perché l’autore considera le sue creazioni come doni votivi e la pratica artistica come tensione verso il divino. Nei dipinti, eseguiti con tecniche tradizionali e materiali preziosi, si colgono gli echi dei grandi maestri studiati de visu sin dalla prima formazione: Janvan Eyck, Leonardo, Michelangelo, Albrecht Dürer, Rembrandt; padri nobili, come il geniale ferrarese Ercole de’ Roberti, che lo hanno guidato, e confortato, nella ricerca di una personalissima figurazione connotata da una forte carica visionaria e riferimenti simbolici ed esoterici. Pittore e disegnatore colto e raffinato, dotato di una fantasia inesauribile e di una straordinaria intelligenza compositiva, Arrivabene percorre da sempre, con convinzione e coraggio, la strada della retroguardia, senza cadere mai nella citazione. Nei suoi lavori, sostenuti da una tecnica impeccabile, c’è semmai continuità, oltre che armonia, rigore, intensità. Lo dimostrano anche le preziose sculture e le pietre dipinte, che evocano naturalia e artificialia (rarità scoperte in natura o sapientemente create dall’uomo) o mirabilia (cose insolite, magiche, inquietanti) custodite nelle Wunderkammer assemblate da sofisticati collezionisti. Arrivabene rinnova temi mitologici, sacri e letterari, sfrutta le potenzialità dell’allegoria, scandaglia il mistero della natura, della vita terrena e di quella oltre la morte, eccede i limiti della conoscenza sensibile per conseguire un altrove, una realtà nuova, potente, mutevole, che esiste prima di concretizzarsi. L’allestimento è studiato in relazione all’asse prospettico che si crea nelle sale dell’ala Tisi di Palazzo dei Diamanti tra il monumentale dipinto in apertura Erotomachia infera (2023), dove è rappresentata la bufera alla quale sono condannati i lussuriosi nel secondo cerchio dell’Inferno, e l’opera che conclude la mostra, tra le più iconiche dell’artista, Lucifero (1997), che presenta il principe degli angeli divenuto capo dei demoni con il volto svanito in un nero profondo che richiama gli abissi oscuri dell’Ade. L’indagine dell’aldilà procede nel dittico dedicato ad Ade, il dio dei morti dell’antichità greca, e alla sua sposa Persefone, ritratti in Dumal II° (2011) e Ctesia Panax (2012), e in Ea–exit (2016), dove Persefone, in volo, ritorna sulla terra dopo il lungo soggiorno negli inferi. Opere giovanili nelle quali Arrivabene manifesta la sua passione per la pittura lenticolare e raffinata dei Primitivi fiamminghi e per i miti dell’antica Grecia sono gli straordinari I sette giorni di Orfeo (1996) e Atena (1996), mentre i più recenti dipinti su legni fossili del cretaceo provenienti dai giacimenti in Arizona e in Madagascar documentano il recupero di tecniche antiche cadute in disuso. Un esplicito omaggio all’Officina ferrarese è offerto infine in due lavori ispirati allo splendido paesaggio inquadrato dai pilastri del trono nella celebre pala Portuense di Ercole de’ Roberti, attentamente studiata dall’artista negli anni della formazione all’Accademia di Brera: La grande opera (2016), dove l’alchimista compie la trasmutazione della materia davanti a una veduta con città immaginarie che evocano le architetture di Étienne-Louis Boullée, e Il sogno di Asclepio (2015), eseguito su una tavola del Seicento, nel quale l’interpretazione del paesaggio si arricchisce della citazione del sogno tratto da uno dei Discorsi sacri di Elio Aristide.

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