“Visioni metafisiche”, a cura di Antonio D’Amico e Luca Carnicelli al Museo Bagatti Valsecchi di Milano fino al 3 dicembre, è la mostra promossa dalla Fondazione Pasquale Battista che rende omaggio a Vasco Ascolini attraverso una selezione dei lavori più significativi dedicati alla scultura antica selezionati dalla propria collezione fotografica privata.
Il percorso di visita si snoda attraverso una selezione cronologica di oltre settanta scatti di Ascolini dedicati a elementi statuari, proposti come frammenti scultorei che animano con la loro immobilità, contesti desolati. Tema caro all’artista fin dai primi anni Ottanta quando iniziò a immortalare architetture isolate sospese nel tempo, caratterizzate da metafisici spazi alienati.
Le fotografie di Vasco Ascolini sono messe in relazione, formando un dialogo silente e inedito, con opere del passato, come piccole teste marmoree, gessi di Antonio Canova e Bertel Thorvaldsen e dipinti di Giorgio De Chirico, in una mostra che vuole rimarcare la dialettica tra antico e contemporaneo, ricreando nelle sale museali quell’atmosfera metafisica perseguita dal fotografo reggiano.
I dialoghi metafisici, infatti, sono il focus di questa mostra: il cosmo fotografico di Ascolini si pone in relazione con le tele di Giorgio de Chirico attraverso scatti che enfatizzano una dimensione atemporale, metafisica, scandita da bianchissime sculture marmoree e immensi spazi disabitati.
Le opere del fotografo reggiano dialogano pertanto con L’Autoritratto di De Chirico e L’Autoritratto in gesso di Canova proveniente dall’Accademia di Belle Arti di Carrara, e poi con L’aragosta del 1922 e con una Piazza d’Italia dove si scorgono il silenzio imperante di una scultura sdraiata al centro della piazza e architetture desolate.
Il dialogo che si instaura tra le opere esposte, si spinge fino ad abbracciare elementi di relazione con i canoni estetici propri della haute couture. Questi vengono indagati per mezzo di opere i cui soggetti, avvolti in veli di plastica, assumono sembianze di modelli misteriosi ed eterei, che suggeriscono analogie tra il singolare immaginario figurativo ascoliniano e il concept visionario di Demna Gvasalia e attraverso citazioni e richiami espliciti al rosa shocking e all’Abito da sera con aragosta disegnato da Elsa Schiaparelli, in collaborazione con Salvador Dalì, che al pari di Ascolini visse un legame profondo e autentico con la Francia e la cultura francese.
L’esposizione pone l’attenzione anche sul parallelismo che corre tra la valorizzazione di dettagli sfuggenti, operata da Vasco Ascolini mediante la selezione di precisi soggetti fotografici e la rivalutazione delle arti applicate attuata dai Bagatti Valsecchi per evocare l’immaginario rinascimentale nella dimensione più prettamente domestica.