Tutta l’Arte Astratta del primo Novecento fu eminentemente Geometrica: Cubismo, Futurismo, Cubofuturismo, Raggismo, Suprematismo, Bauhaus, poi, fra le due Guerre in Italia con Manlio Rho, Radice, Reggiani, tutti provenendo da Prampolini futurista, e così nel secondo dopoguerra nel 1948 con Monnet, Munari, Reggiani ancora, e Dorfles fondatori del MAC (Movimento Arte Concreta). Sempre fu la geometria a rincorrere l’Astrazione con alcune eccezioni: Paul Klee, Kandinskj, Dorfles. Quando cambiò l’Astrazione? alla fine degli anni Cinquanta quando incontrò l’Informale francese di Michel Tapié. Qui la crisi del dopoguerra, la figura umana nella sua completezza esistenziale e storica pose il problema dell’individuo, dell’uomo, che la guerra aveva distrutto commettendo le sue oscenità. E subito l’Informale pose in sé due questioni che finirono per essere i criteri del suo esistere. La Materia ed il Gesto. La Materia aveva già preso possesso dell’opera con gli Ostaggi di Dubuffet.
Ed il Gesto era apparso con l’espressionismo lirico americano, ma pure da noi con Vedova. In Francia con George Mathieu. E tanti altri erano sulla stessa scia. La Materia ricordava la stratificazione, lo spessore, la pressione, e quindi la memoria del pittore sull’opera. Il Gesto diveniva la scrittura, il tempo, il segno dell’umano sul dipinto e quindi la sua forma estetica. Nell’insieme il tutto formava il senso dell’opera nella storia dell’arte. E questo è per tutti gli anni Sessanta. Che fare? Si chiese la successiva generazione di pittori astratti. Quale prospettiva poteva aprirsi ai loro occhi. La scienza venne loro incontro con le leggi della fisica prima e della termodinamica poi. Tutto cominciò a muoversi verso un’entropia dell’equilibrio e della indeterminazione quantistica. Pertanto la reazione fu de-strutturare e ri-strutturare. Cioè, Enzo Esposito prese la pittura gestuale e segnica che dipingeva e la spezzettò e la ricompose un po’ come nella musica jazz. Il contrappunto armonico confronta diverse armonie e ricompone il suono melodico, così il Nostro spezza le sue composizioni artistiche e le ricompone fra il caso ed il gusto riconnettendole alla vista in una nuova veste estetica a cui il nostro occhio dà nuovo significato e forma. In Tommaso Cascella il gesto resta la sua componente, anche se userà spesso il collage come guida alla destrutturazione; il suo Gesto muove una linea sinuosa che invade il campo estetico in forme e volute flessibili e sinuose come il serpente che danza davanti al fachiro che suona il suo piffero. Il “segno” si allarga, o restringe, e le sue movenze disegnano nuove campiture colorate. Confinato dentro parti estro-flesse, il segno crea campiture di colore brillante che segna forme nuove all’occhio umano. Questo succede oggi. E il futuro? Già alcuni artisti soprattutto americani, lavorano sulla casualità del gesto aprendo a colature cromatiche, o a segni senza senso, nel tentativo di cercare una nuova stagione dell’Astrazione qui più legata ai materiali che molto spesso compongono l’opera. Carte da parati, stoffe, o quant’altro sulla scia magari di Burri, di Kantor e di altri pionieri. Ma questa è un’altra storia ancora da raccontare.
L’Astrazione di E. Esposito e di T. Cascella – a cura di Boris Brollo – Aiap Art Agency / Bolzicco Arte, via Garibaldi 41/51 – Portogruaro VE, fino al 7 maggio.