Muholi (Umlazi, Sud Africa 1972), una delle voci più interessanti del Visual Activism, da una decina d’anni è nell’Olimpo dei più celebrati artisti contemporanei, ma il suo lavoro coincide in toto con il suo credo, al punto che Muholi ama definirsi attivista, ancora prima di sentirsi ed essere artista. La sua arte indaga instancabilmente temi come razzismo, eurocentrismo, femminismo e politiche sessuali, è in continua trasformazione e i suoi mezzi espressivi sono la scultura, la pittura, l’immagine in movimento.
Ma è con la fotografia, e in particolare con la serie di autoritratti, iniziata nel 2012 e ancora in corso, “Somnyama Ngonyama” (Ave, Leonessa Nera) che Muholi riceve il riconoscimento internazionale, in un crescendo di mostre nei più prestigiosi musei del mondo.
Questa mostra, al MUDEC, Museo delle Culture di Milano fino al 30 luglio, è il progetto attraverso cui il Mudec porta in Italia una selezione, curata da Biba Giacchetti e dall’artista, di oltre 60 immagini, scatti magnetici e di denuncia sociale che spaziano dai primissimi autoritratti realizzati ai più recenti lavori, tratti dal progetto artistico di Muholi, in costante evoluzione. Muholi è oggi ambassador di spicco della comunità LGBTQ+, esponendosi in prima persona. Ogni sua immagine racconta una storia precisa, un riferimento a esperienze personali o una riflessione su un contesto sociale e storico più ampio. Lo sguardo dell’artista commuove, denuncia, inquieta lo spettatore, mentre oggetti di uso comune, ripresi in maniera fortemente simbolica, sono posti in un dialogo serrato con il suo corpo trasfigurandolo, raccontandoci ‘altro’, costringendoci a guardare fisso negli occhi di Muholi, sostenendo il suo sguardo per andare oltre il primo livello di lettura dello scatto. La bellezza delle composizioni e il talento assoluto di artista sono solo un mezzo per affermare la necessità di esistere, la dignità e il rispetto cui ogni essere umano ha diritto, a dispetto della scelta del partner o del colore della pelle, e del genere con cui si identifica.
Il suo scopo è la rimozione delle barriere, il ripensamento della storia, l’incoraggiamento a essere se stessi, e a usare strumenti artistici quali una macchina fotografia come armi per affermarsi e combattere.