Guido Strazza. Il gesto e il segno


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Trenta dipinti, incisioni e disegni, oltre alle 10 incisioni che l’artista ha donato all’Accademia, compongono la mostra antologica “Guido Strazza. Il gesto e il segno” allestita, con la cura di Gianluca Murasecchi, presso l’Aula Colleoni dell’Accademia di Belle Arti di Roma fino al 16 gennaio prossimo. La mostra, corredata da un catalogo edito da De Luca, intende celebrare uno dei maggiori artisti del ‘900 italiano, nonché teorico lucido del mistero dei segni, in occasione del compimento dei suoi cento anni, il 21 dicembre 2022.

Guido Strazza, Gesto e Segno, 1974, Acquaforte, puntasecca e bulino, matrice mm 276×395, foglio mm 348×498


Lirico rigore e aerea profondità del suo “segnare” pittorico e grafico sono indagati nel catalogo da saggi e testimonianze del curatore Gianluca Murasecchi, di Franco Fanelli, Giulia Napoleone, Lucia Tongiorgi Tomasi, Roberto Piloni, Alessandro Tosi, Marina Bindella, e da una preziosa intervista a Guido Strazza svolta da Flavia Matitti, docente di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Roma.
La mostra è introdotta da una video-intervista all’artista realizzato da Monkeys VideoLab. 
Il curatore, Gianluca Murasecchi, precisa: “In questa esposizione si trattava di scegliere parti di un tutto o il tutto in parte, ha prevalso la seconda ipotesi, seppur più difficilmente percorribile, essa, infine, si è sviluppata necessariamente nel dare visibilità al dato delle variazioni sul tema, nell’offrire una panoramica sulle possibilità di collegamento culturale, nell’analisi della multiformità dei linguaggi accesi da un unico fulcro di concepimento, il segno, ponendo un possibile sguardo anche sul fattore progettuale e generativo dell’opera di Strazza, ovvero, su disegni inediti, mai pubblicati ed esposti, che ci pongono innanzi ad un cercare fulmineo, a tutto campo, a volte insistito sino alla soluzione caparbiamente trovata a distanza di anni. Ne emerge la figura di un artista che ha scelto il dato grafico quale dato privilegiato ma non posposto ad una pittura di velature e cromie di tempera. Pittura a tempera che ricorda quello che si potrebbe definire un “Trecento contemporaneo”, composta da velature fini come gusci di cipolla o materie magmatiche che catturano in profondità accensioni sotterranee, di sciabolate sanguigne, che ci fanno sentire a pelle ogni materia sottostante. Vivezza opaca di colore che solo la tempera sa trasmettere”.

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