Un percorso monografico su Patrick Procktor (1936-2003) si sviluppa, a Palazzo Bentivoglio di Bologna, fino al 5 febbraio prossimo, a partire da un nucleo di opere della collezione permanente di Palazzo Bentivoglio. Questa mostra, realizzata a cura di Tommaso Pasquali, presenta una selezione di una sessantina di lavori, fra dipinti, acquerelli e disegni, datati dai primi anni Sessanta ai primi anni Novanta, alcuni dei quali già esposti a Bologna nel 1972. Il titolo, che viene da un’opera di Palazzo Bentivoglio, vuole sottolineare il carattere del tutto peculiare e soggettivo di una ricerca ostinatamente figurativa, connotata da grande indipendenza, per quanto del tutto calata nel suo tempo: una porzione di mondo, come quella, appunto, visibile ad apertura di finestra.
I prestiti giungono in gran parte da collezioni private italiane e inglesi ed essenziale è stata la collaborazione di Gabriella Cardazzo della storica Galleria del Cavallino di Venezia, amica e mercante di Procktor in Italia. Dalla Redfern Gallery di Londra, che ha rappresentato l’artista per tutta la sua vita, proviene un importante gruppo di dipinti, datati dal 1964 al 1989, mentre due grandi acquerelli del 1969 arrivano in prestito da Osborne Samuel.
Alla produzione su tela è in effetti interamente dedicata la seconda sala della mostra, dove è possibile seguire l’evoluzione dell’artista dal baconiano Lovers (1963), di collezione privata italiana, fino al sorprendente Vedette Pont Neuf, Paris del 1989, che sembra anticipare certe tendenze della giovane figurazione di oggi, passando per l’iconico Gervase I (1968), il primo di una lunga serie di ritratti dedicati da Procktor al giovane amante Gervase Griffith, aspirante rocker e suo modello per due anni.
Nella prima sala sono invece esposte opere che raccontano la Londra vissuta dall’artista negli anni Sessanta e Settanta, fra personaggi pubblici e affetti privati. Sulle pareti si avvicendano i ritratti di amici come lo stilista Ossie Clark, l’interior designer Christopher Gibbs e il regista Derek Jarman, a quelli di committenti più istituzionali come Lord Montague o il conte Amherst, a quelli ancora dei figli adottivi.
All’ingresso, una struttura a gabbia di Davide Trabucco presenta un acquerello di Procktor, che rappresenta una coppia di vasi di Picasso ritratti in casa dell’amico Cecil Beaton, accostandolo agli stessi due vasi di Picasso provenienti dalla collezione di Palazzo Bentivoglio: una sorta di iniziale biglietto da visita dell’artista, capace di tenere insieme il mondo estetico più tradizionale di Beaton e quello del più giovane Jarman.
In una saletta laterale, uno schermo mostra due scene tratte da A Bigger Splash (1973) che vedono protagonisti Hockney e Procktor, una breve apparizione di Jarman nei panni di Procktor nel film di Stephen Frears Prick Up Your Ears (1987) e un estratto dal documentario sull’artista del 1988 My Britain. La lunga infilata di opere della terza e ultima sala porta, infine, la cronologia ai primi anni Novanta. Insieme ad alcune opere londinesi, sono esposti per lo più acquerelli dedicati agli amici, anche italiani, e ai viaggi, con la presenza particolarmente importante di grandi fogli dedicati a Venezia, città amata e frequentata, sfida luministica, ma anche soggetto che Procktor, con humor pari solo alla sprezzatura, tornò volentieri a sviluppare anche dal basement della sua casa di Manchester Street.