Daniela Comani (Bologna, 1965) affronta la questione del femminicidio, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, fino al 29 gennaio 2023, presentando l’opera “You Are Mine”. Attraverso un’installazione site-specific concepita per il Corridoio Bazzani della Galleria Nazionale, l’artista condivide la propria riflessione esponendo una serie di riproduzioni di articoli di giornale raccolti, selezionati, archiviati e manipolati, che riportano notizie di omicidi avvenuti fra le mura domestiche.
Ma questa volta, è dato un punto di vista diverso. Dice Daniela Comani: “ho invertito la cronaca dei nostri quotidiani (l’uomo diventa donna, la vittima carnefice e viceversa), invitando così a riflettere sul fenomeno del femminicidio e sulle sue assurdità”.
In questa serie di testi-immagini compare una cronaca popolata da donne impetuose e violente, mogli gelose, ex fidanzate che non accettano il tradimento o la fine di una relazione, accanto a uomini che subiscono violenze di ogni genere, picchiati, inseguiti, violentati.
La nuova installazione dell’artista mette in risalto il contrasto, la stonatura, tra la sobrietà dell’informazione mediatica e il dramma della violenza domestica e del femminicidio, invertendo i generi e trasformando così le donne da vittime a carnefici: in questo processo la stessa cronaca nera rivela il senso di straniamento e alienazione di cui è rivestita quotidianamente, nel suo formale distacco dalla tragedia umanamente vissuta. Nella serie di 15 stampe ingrandite su un materiale di cotone e alluminio che l’artista accartoccia, si snoda questa originale modalità di divulgazione dei fatti di cronaca. È proprio questo materiale tessile che, con la sua superficie sgualcita, conferisce un carattere plastico alla sequenza di ritagli di giornale allestiti nello spazio espositivo. La natura oggettuale dell’installazione genera un effetto scultoreo che aggiunge un nuovo piano di lettura al lavoro concettuale di Comani, un’insolita corporeità che enfatizza la natura esplosiva del tema affrontato.
Come Giuditta decapita Oloferne di Caravaggio (1598/1599) e di Artemisia Gentileschi mostrarono un atto di violenza compiuto da una donna ai danni di un uomo suscitando enorme scalpore tra gli spettatori contemporanei e diventando precedenti illustri della rara forma di rappresentazione nella storia dell’arte, così oggi, attraverso la potenza dell’immagine, questo lavoro di Daniela Comani sottolinea il ruolo di denuncia sociale che l’arte può assolvere.