Il titolo della mostra è un’espressione di Maria Vittoria Cavazzana (Venezia, 1993) promossa da Platea e ospitata a Palazzo Galeano di Lodi fino al 29 ottobre.
Si tratta del terzo episodio della seconda edizione del palinsesto espositivo dedicato ai giovani emergenti. Il progetto è coordinato quest’anno da Giulia Menegale e realizzato in dialogo con Luca Trevisani che ha selezionato i quattro artisti partecipanti.
Il lavoro di Maria Vittoria Cavazzana attinge i propri riferimenti formali dal mondo fantasy, anime e dei videogiochi. Per Platea, l’artista presenta una spada sospesa a mezz’aria, resa inaccessibile dello spessore della vetrina. Se, come nel mondo virtuale, non esistesse differenza di densità fra una dimensione e l’altra e fosse per tanto possibile attraversare il vetro, lo spettatore si troverebbe davanti a una spada pronta a “essere indossata”.
Il manico della spada, le sue dimensioni e spessore sono fedeli a quelle di un’arma autentica. Mimando il lavoro di un fabbro per l’accuratezza con la quale ha lavorato i materiali e, allo stesso tempo, distinguendosi da questo per l’attitudine alla base del suo lavoro, l’artista ha prodotto questa spada sperimentando con la resina e metalli preziosi. Piuttosto che con la pazienza di un artigiano, Maria Vittoria Cavazzana approccia questi materiali con la curiosità di un alchimista. Stagno, quarzo, carburo di silicio e vernice contribuiscono a rendere la sua arma un oggetto irresistibile e prezioso.
Ad accentuare questo richiamo proveniente dall’oggetto da lei forgiato, l’artista ha installato all’interno della vetrina un suono, prodotto insieme a Riccardo Salin, sound designer specializzato in produzione audio per prodotti d’intrattenimento, nell’ambito televisivo e videoludico. Così facendo, l’opera fuoriesce i limiti imposti dallo spazio di Platea, sbloccando infinite visioni nella mente dei visitatori. La traccia sonora è stata realizzata mettendo in sequenza e remixando varie cassette provenienti dall’industria del gaming. Riattivando rifermenti che fanno parte dell’immaginario collettivo di una generazione che, tra gli anni ‘80 e ’90, si è formata tra i primi videogames, il mondo fantasy e gli anime giapponesi, l’artista propone una finestra di fuga verso un mondo parallelo al nostro.