Nella Sala delle esposizioni dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, fino 31 luglio è esposta la mostra “Armando Giuffredi. Disegni di uno scultore”, curata da Andrea Bacchi e Roberto Cobianchi, con l’ausilio del figlio dell’artista stesso, Augusto Giuffredi, che ha messo a disposizione le opere. La mostra è promossa dall’Accademia stessa e presenta per la prima volta al pubblico una selezione di disegni dello scultore, medaglista e xilografo emiliano Armando Giuffredi (Montecchio Emilia 1909-1986).
Attraverso una settantina tra acquerelli, disegni a matita, a carboncino e cartoni preparatori per sculture a tutto tondo e rilievi, databili soprattutto tra la metà degli anni ‘30 e i primi anni ‘50, la figura di Giuffredi disegnatore viene delineata con chiarezza attraverso il percorso espositivo all’interno del contesto storico artistico della Roma degli anni ’30 e ‘40, che proponeva il disegno come forma artistica sempre più autonoma e indipendente rispetto alla realizzazione finale di un dipinto o di una scultura.
I più antichi studi di nudo dal vero qui esposti (1934-35) sono contrassegnati da contorni poco energici e ombreggiature lievi, che sacrificano già il particolare all’enucleazione della forma. È però nelle vedute di Roma dei primi anni ‘40, eseguite a penna e inchiostro stilografico, che si coglie l’impronta dell’avanguardia artistica dei pittori della cosiddetta Scuola di via Cavour e del tratto grafico di Scipione, che di quell’ambiente fu il vero protagonista.
Presenti in mostra anche disegni e schizzi dal vero a matita di animali realizzati per la sua prima commissione pubblica del 1942: le due fontane del Foro Mussolini, oggi Foro Italico, I pellicani, realizzata in marmo e I cigni, che non vide mai la luce a causa della guerra.
Altri disegni preparatori illustrano in mostra la modalità operativa alla quale Giuffredi si attenne costantemente nell’esecuzione dei modelli grandi dal vero delle sue opere, soprattutto per quelle in legno (il materiale prediletto): la statua a tutto tondo è studiata a trecentosessanta gradi in numerosi disegni che in successione la mostrano come in rotazione. Per i suoi cartoni in scala uno a uno, preparatori per sculture o rilievi, lo scultore sviluppò un segno risoluto e sintetico, profondamente diverso da quello fluido o nervoso degli studi dal vero; il carboncino viene qui quasi strisciato sul foglio per definire la volumetria delle forme, mentre i particolari sono interamente demandati alla successiva fase della modellazione dell’opera. I fogli che trattano temi privati, soprattutto quelli in cui ritrae la moglie e i figli, sono trattati con un segno fresco e chiaro.
Il catalogo, firmato dai due curatori della mostra, è edito da Edifir-Edizioni Firenze e
contiene un saggio di Roberto Cobianchi e uno di Andrea Bacchi. Il volume è corredato dalla pubblicazione di un “quaderno di appunti” (1935-1946) nel quale Giuffredi annotò, insieme ad eventi quotidiani, numerose riflessioni di carattere teorico/critico, e dal carteggio (1935-1947) intercorso tra lo scultore e l’amico pittore e scultore Renato Marino Mazzacurati.