La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, fino al 2 ottobre dedica a Fabrizio Clerici (Milano, 1913 – Roma, 1993), la mostra “L’atlante del meraviglioso”, a cura di Giulia Tulino, un viaggio nell’immaginario di un grande protagonista dell’arte italiana del Novecento, raffinato pittore, scenografo e illustratore incomparabile nella sua capacità di inventiva visionaria e senza limiti.
La mostra nasce dalla recente acquisizione, avvenuta nel 2021, del fondo proveniente dall’Archivio Fabrizio Clerici, di grande valore per il materiale conservato e per la sua testimonianza del ricco arcipelago di relazioni intessute da Clerici con importanti intellettuali e artisti del suo tempo.
Artista estremamente colto e dalla curiosità enciclopedica, Clerici ha dato vita ad universi onirici ed enigmatici ricchi di fascino, scaturiti da una fantasia sconfinata e nutrita dalla cultura classica e dal mito, ma anche dai movimenti del suo inconscio.
La formazione da architetto e l’incontro giovanile con Alberto Savinio sono elementi fondamentali del suo percorso artistico, che lo vede orientato al surrealismo ma con un’ispirazione metafisica, mentre architetture, misteriose rovine e famosi reperti partecipano ad un gioco simbolico. Proprio il simbolo, affidato spesso all’elemento architettonico, è centrale nell’opera di Clerici, come veicolo del suo personale atlante di memorie e meraviglie. Lo spettatore è invitato a perdersi nel tentativo di decifrare i numerosissimi riferimenti letterari e artistici, mentre partecipa dell’inquietudine che appartiene all’animo dell’artista e al tempo stesso all’umanità del Novecento.
Intento principale è quello di restituire non solo la storia di Fabrizio Clerici, ma anche quella dell’arte “fantastica italiana” troppo spesso confusa con il Surrealismo tout-court. Artisti che non si unirono mai in gruppi o movimenti organizzati ma furono piuttosto accomunati da un clima, da uno stato d’animo, un gusto citazionista, colto e disinteressato.
Oltre un centinaio di opere, tra dipinti, incisioni e opere su carta, sono affiancate nel percorso espositivo da diversi focus tematici costituiti da materiali d’archivio quali documenti, fotografie, lettere, articoli, oggetti di design, bozzetti teatrali, libri d’artista e prime edizioni, che ampliano lo sguardo sulla produzione di Clerici in qualità di scenografo, illustratore, designer e architetto.
In mostra, un importante nucleo di opere di Fabrizio Clerici, con capolavori quali “Il Minotauro accusa pubblicamente sua madre” del 1952, il “Sonno romano”, 1955, “Le Confessioni palermitane” del 1954 e la “Minerva phlegraea” del 1956-1957.
All’importante nucleo di opere di Fabrizio Clerici si aggiungono quelle di artisti precursori come Alberto Martini, Giorgio de Chirico e Alberto Savinio; opere di artisti affini oltre che amici attivi tra Francia, Stati Uniti e Italia tra la metà degli anni Venti e la fine dei Cinquanta tra cui Max Ernst, Leonora Carrington e Salvador Dalí; dei compagni di percorso come Leonor Fini (presente in mostra con importanti opere) e Stanislao Lepri o i neo-romantici Eugene Berman e Pavel Tchelitchew. Tra gli artisti più giovani che a lui si sono ispirati troviamo: Domenico Gnoli, Enrico Colombotto Rosso e Enrico D’Assia a cui sono affiancate le opere di tre artisti contemporanei che, in modi diversi, manifestano un’estetica affine a quella di questi precedenti “fantastici”: Eros Renzetti, Beatrice Scaccia e Fausta Squatriti.