Georg Baselitz. Archinto


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“Archinto” è la mostra di nuovi dipinti e sculture di Georg Baselitz, a cura di Mario Codognato e prodotta da Gagosian in collaborazione con Venetian Heritage, allestita nel Museo di Palazzo Grimani di Venezia, fino al 27 novembre.

Georg Baselitz, Archinto lacht (Archinto Ride), 2020, Olio su tela cm233x163, Foto Jochen Littkemann, Berlino, © Georg Baselitz 2021, Gagosian

È noto l’approccio vigoroso e diretto di Baselitz alla creazione artistica, pur annoverando tra le influenze chiave nel suo lavoro l’arte di Willem de Kooning e Philip Guston, così come di altre tradizioni storico artistiche. Nel 1969 ha iniziato a realizzare immagini invertite, con l’obiettivo di rallentare i processi di creazione, osservazione e comprensione.
Nel corso degli ultimi cinquant’anni, spesso reinterpretando e riferendosi al proprio corpus di opere, Baselitz ha ulteriormente ampliato il suo linguaggio visivo con una serie di allusioni storiche e formali, pur ritornando costantemente alla figura umana come suo soggetto principale. In questa mostra l’artista rende omaggio a Venezia e alla sua ricca tradizione artistica, da una parte ristabilendo una continuità storica e dall’altra segnalando una rottura tra la celebrata ritrattistica rinascimentale e i suoi equivalenti contemporanei. Il titolo della mostra e i suoi lavori fanno riferimento all’enigmatico ritratto del Cardinale Filippo Archinto che Tiziano realizzò nel 1558, caratterizzato da una pennellata densa che confonde la figura con lo sfondo. Titoli come Archinto durcheinander (Archinto confuso) (2020) portano la sensibilità dei Maestri Antichi in un contesto attuale, mentre la qualità spettrale delle immagini stesse allude al tema artistico costante della mortalità umana.
I dipinti in Archinto confermano l’interesse e la passione di Baselitz per le tecniche di incisione. Il soggetto è dipinto su una tela che, ancora umida, viene appoggiata a una seconda. Applicando una pressione l’immagine si trasferisce da un supporto all’altro: la prima tela viene scartata mentre la seconda diventa il lavoro ultimato. Comparato alla tecnica di incisione tradizionale tuttavia, questo processo permette un controllo solo parziale sul risultato: un residuo frammentato dell’immagine iniziale viene trasferito sulla superficie finale, mentre notevoli variazioni di colore e di struttura derivano dalla pressione. Le imponenti sculture in bronzo e rame, come Zero Mobil (Zero Mobile) (2014), un nodo di rame scuro che sconvolge l’architettura teatrale della sala centrale del museo, e i correlati Marokkaner (Marocchino) (2012) e Bündel (Fascio) (2015), creano una solidità grezza che spesso distoglie dall’estetica eterea dei dipinti.
La mostra è corredata da un catalogo bilingue con testi di Toto Bergamo Rossi, direttore di Venetian Heritage, Mario Codognato, curatore della mostra, Ester Coen, storica dell’arte, e Georg Baselitz stesso.

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