All’interno dello spazio IsolaSet di Palazzo Lombardia a Milano ospita fino al 31 maggio la mostra fotografica di Nick Ut “From Hell to Hollywood”, appuntamento che ripercorre l’intera carriera del fotografo a cinquant’anni dallo scatto che gli valse il Premio Pulitzer nel 1973. Si tratta della famosa “Napalm girl” foto simbolo della guerra in Vietnam.
La mostra, curata da Ly Thi Thanh Thao e Sergio Mandelli, attraverso 61 immagini ripercorre la carriera del fotoreporter dell’Associated Press, una delle più grandi agenzie fotografiche al mondo. Un evento straordinario, nato dalla conoscenza personale della curatrice Ly Thi Thanh Thao con Kim Phuc Phan Thi risalente ai tempi dell’Università in Vietnam e fortemente voluto dall’assessore all’Autonomia e Cultura di Regione Lombardia.
L’esposizione fotografica procede lungo due filoni narrativi: da una parte si presentano gli orrori del conflitto vietnamita che prendono forma attraverso le immagini delle distruzioni, dei civili in fuga e degli eserciti in azione, culminanti con la sequenza che ha portato ad uno degli scatti più famosi della storia della fotografia. Dall’altra la modernità degli Stati Uniti, dove Nick Ut si è trasferito nel 1975, è rappresentata dalla contrapposizione tra i lustrini e luccichii di Los Angeles e una quotidianità popolata da homeless, proteste cittadine e incendi dolosi.
Kim Phuc, protagonista nel 1972 dello scatto “Napalm Girl” compare in diverse foto dell’esposizione, sia ai tempi del conflitto, sia in una fase successiva della sua vita, quando il fotoreporter la incontrò di nuovo ormai adulta.
Ricorda Nick Ut: “Ero sulla ‘Route 1’ alle 8 del mattino, ho visto tante bombe sganciate vicino al tempio dove si trovava Kim. Un elicottero ha sganciato due bombe su una pagoda. E subito dopo quelle al napalm. Ho pensato che non ci fossero sopravvissuti, poi ho visto tante persone uscire dal fumo nero: anziani, donne, bambini. E Kim che correva”.
Risponde Kim Phuc: “Non so bene come io sia sopravvissuta e come io sia qui… La mia storia è cominciata con un bombardamento e una foto. Io sono solo uno di quei bambini che hanno sofferto e soffrono nelle guerre. Un’icona. Come la mia foto. Sono diventata un simbolo della guerra a seguito di quello scatto. È cominciata così la mia vita di testimonianza. La prima volta che ho visto la mia foto, con me nuda, sono rimasta scioccata. Mi sono sentita così in imbarazzo, così vulnerabile. In seguito ho affrontato tanto dolore, traumi, incubi. L’arte della vita è vivere con amore, speranza e perdono perché solo questo può davvero cambiare il mondo”.