Filippo de Pisis, Giulio Paolini, Luca Vitone 


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Al Museo Novecento di Firenze, fino al 7 settembre sono allestite tre mostre in contemporanea
di tre artisti: Filippo de Pisis, Giulio Paolini e Luca Vitone, tre generazioni a confronto in un gioco di incastri e rimandi fatto di coincidenze iconografiche, strategie concettuali e passioni artistiche e letterarie. Le tre mostre personali, separate ma interconnesse, danno vita a un gioco di specchi e di confronti tematici. Qualcosa accomuna il percorso artistico di Filippo Tibertelli de Pisis (Ferrara, 1896 – Milano 1956), eclettico pittore e letterato ferrarese, e quello di Giulio Paolini (Genova, 1940), uno dei grandi protagonisti dell’arte italiana e internazionale dagli anni Sessanta ad oggi.

Pur appartenendo a due stagioni dell’arte distanti, nei due artisti si riscontrano molteplici assonanze. Come in De Pisis, anche in Paolini presentare lo studio dell’artista o gli strumenti del pittore, è un modo per parlare del gioco dell’arte e del mondo delle immagini. Nelle loro opere De Pisis e Paolini combinano ricordo e memoria, leggerezza e malinconia, eludendo costantemente la cronaca e l’appiattimento sulla realtà fenomenica.

Giulio Paolini, Studio per Interno metafisico, 2021 © Giulio Paolini, Foto Luca Vianello, Courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino

La mostra di Filippo De Pisis, “L’illusione della superficialità”, nata da un’idea di Sergio Risaliti, co-curata con Lucia Mannini e organizzata in collaborazione con l’Associazione per Filippo De Pisis, ospita oltre quaranta opere del pittore e letterato ferrarese al primo piano del Museo Novecento. Accusato spesso di perseguire una pittura dalla “superficialità decorativa” di matrice neo-impressionista, per via della pennellata rapida e leggera e dei piacevoli accostamenti cromatici, De Pisis ha invece costruito molti dei suoi maggiori dipinti tramite un gioco di rimandi e riferimenti, autobiografici e culturali.

Tra i grandi maestri dell’arte italiana del Novecento, Giulio Paolini è il protagonista di un progetto espositivo inedito, che riunisce opere della sua produzione più recente in dialogo con l’architettura rinascimentale delle sale al piano terra del Museo Novecento. Il titolo della mostra, “Quando è il presente?”, a cura di Bettina Della Casa e Sergio Risaliti, è ripreso da una lettera scritta nel 1922 da Rainer Maria Rilke a Lou Andreas Salomè, da cui Giulio Paolini trae spunto per condurre una propria meditazione sul tempo e sulla nostra impossibilità di afferrarlo, combinando gli interrogativi sul ruolo dell’arte e la figura dell’artista con quelli sull’esistenza e il suo fluire. Come sempre nella sua produzione, Giulio Paolini ricorre a un vasto repertorio di riferimenti letterari, mitologici e filosofici, richiamati attraverso la riproduzione fotografica, il collage e il calco in gesso, cui fanno da pendant allestimenti articolati e compositi, imperniati su citazioni, duplicazioni e frammentazioni, per dar vita a un teatro dell’evocazione. I lavori di Paolini chiamano in causa gli strumenti del fare artistico, la figura dell’autore e il suo rapporto con l’opera e con l’osservatore, in una ricerca che trae nutrimento dalla storia stessa dell’arte: dalla nascita della prospettiva rinascimentale alla sopravvivenza del mito nell’iconografia, fino al perpetuarsi dei modelli classici e al ritorno della sospensione temporale tipica della metafisica di de Chirico.

De Pisis e Paolini costituiscono due importanti riferimenti per Luca Vitone, che entra nella costruzione del progetto espositivo continuando questa mise en abyme con una serie di opere site-specific all’interno della mostra “D’après”. Mentre un dipinto di De Pisis dà modo a Vitone di elaborare una scultura olfattiva (una stanza del museo è pervasa dal profumo di un fiore rappresentato nella tela “Il gladiolo fulminato” conservato a Ferrara e volutamente non presente in mostra), nell’altro caso Vitone ha recuperato dallo studio di Giulio Paolini della polvere, diventata materiale pittorico per realizzare un acquarello che attraverso questo espediente vuole mettere in scena l’atelier dell’artista. L’operazione di Vitone si completa con una doppia installazione all’interno dello spazio espositivo che ospita la mostra dedicata a De Pisis.

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