Le tre Pietà di Michelangelo per la prima volta a confronto, sono esposte l’una vicina all’altra fino al 1° agosto, nella sala della Tribuna di Michelangelo del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze: l’originale della Pietà Bandini, di cui è da poco terminato il restauro, è affiancata dai calchi della Pietà Vaticana e della Pietà Rondanini provenienti dai Musei Vaticani.
La mostra è stata pensata in occasione dell’incontro “Mediterraneo frontiera di pace 2022”, che riunisce i vescovi e i sindaci del Mediterraneo a Firenze e a cui interverrà anche Papa Francesco. A cura dei direttori dei musei Barbara Jatta, Sergio Risaliti, Claudio Salsi, Timothy Verdon, la mostra è un progetto che vede eccezionalmente coinvolti i Musei Vaticani, il Museo dell’Opera del Duomo, il Museo Novecento di Firenze, il Castello Sforzesco di Milano e le istituzioni dell’Opera di Santa Maria del Fiore, Comune di Firenze, Comune di Milano e Fabbrica di San Pietro.
Esse tracciano un percorso lungo di più di cinquant’anni, dall’ambizione del giovane che scolpì il proprio nome sul petto della Madonna della versione vaticana, all’immedesimazione personale dell’anziano artista, che in quella del Museo dell’Opera raffigura se stesso nelle sembianze di Nicodemo, fino la Pietà Rondanini che è il risultato sublime di una profonda meditazione spirituale.
La prima Pietà di Michelangelo, quella Vaticana, fu realizzata a ridosso del giubileo del 1500, quando il cardinale Jean Bilhères de Lagraulas commissionò al giovane Buonarroti “una Vergine Maria vestita con Cristo morto, nudo in braccio”.
Con la realizzazione della Pietà Vaticana (1498-1499), Michelangelo impressionò il suo tempo per la bellezza di quel Cristo nudo sorretto amorevolmente dalla Vergine, una giovanissima ragazza umile e casta, avvolta nei panneggi per cui Maria risulta al tempo stesso Madre e sposa.
Il capolavoro venne collocato nella cappella di Santa Petronilla poco prima del 1500, anno del giubileo. Successivamente fu spostata in San Pietro e nel XVIII secolo fu esposta a destra della navata dove ancora oggi la si può ammirare.
La seconda Pietà (Bandini) venne scolpita da Michelangelo molti anni dopo rispetto a quella Vaticana. Ormai anziano, l’artista è sempre più concentrato sul destino umano, sulla morte e resurrezione di Cristo e lavora spesso in preda a frequenti crisi depressive. Comincia a temere la propria morte, il giudizio divino. Fa voto di povertà. L’esecuzione della Pietà Bandini è lunga e difficile, la datazione controversa. L’inizio del lavoro si aggira attorno al 1547, ma Michelangelo non portò a termine l’opera. Prima di essere venduta nel 1561 a Francesco Bandini, la scultura fu conclusa in alcune parti da Tiberio Calcagni, principale assistente del Buonarroti. Intorno al 1555, Michelangelo prese a martellate la statua rompendola in più punti. Ancora oggi si osservano, infatti, i segni di rottura sul gomito, sul petto, sulla spalla di Gesù e sulla mano di Maria. Alla morte dell’artista nel 1564 si pensò di utilizzare il gruppo per la sepoltura di Michelangelo a Firenze in Santa Croce. L’opera invece rimase nella villa dei Bandini a Montecavallo e solo nel 1674 venne acquistata da Cosimo III de’ Medici che la destinò ai sotterranei di San Lorenzo. Nel 1722 la Pietà fiorentina fu trasferita in Santa Maria del Fiore. Dal 1981 si trova nel Museo dell’Opera del Duomo.
La terza Pietà (Rondanini) venne progettata tra il 1552 e il 1553 e Michelangelo vi lavorò fino all’ultimo. L’opera venne rinvenuta nello studio di Michelangelo dopo la sua morte. Acquisita dai marchesi Rondanini nel 1744, la Pietà è arrivata a Milano nel Castello Sforzesco nel 1952.
La Pietà Rondanini rappresenta l’esito finale di un lungo percorso di arte e di fede ed è da considerarsi una preghiera prima ancora che un’opera d’arte.
Nel prossimo autunno i tre calchi in gesso delle Pietà originali saranno esposti a Milano nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, in un nuovo allestimento appositamente progettato.
La mostra è accompagnata da un catalogo realizzato da Silvana Editoriale con saggi e schede dei curatori e di altri autorevoli studiosi.