Per il quarto appuntamento del ciclo espositivo, nato dalla collaborazione tra l’Archivio Storico della Biennale di Venezia e la VideotecaGAM, volto a testimoniare la stagione iniziale del video d’artista italiano, alla GAM di Torino è ospite, fino al 6 febbraio 2022, la mostra dedicata a Claudio Parmiggiani (Luzzara, 1943). L’esposizione presenta Delocazione, unica opera video realizzata da Parmiggiani, prodotta da Art/Tapes/22 di Firenze nel 1974, insieme a due opere capitali nello sviluppo del suo lavoro, provenienti dalla Collezione Maramotti di Reggio Emilia: la stampa fotografica su tavola Delocazione 2 del 1970, e Autoritratto del 1979, una silhouette d’ombra riportata su tela, anch’esso opera unica nel percorso dell’artista.

La triangolazione di queste tre opere racchiude l’intero arco degli opposti visivi che attraversa il lavoro di Parmiggiani. L’assenza dell’opera, che emerge in riserva sulla parete, nel bianco contornato dal grigio della polvere e della fuliggine, si riflette nel suo contrario visivo: la proiezione di un’ombra grigia che si disegna sulla tela bianca, presenza negata dello sguardo dell’artista sull’immagine svanita.
La relazione tra queste tre opere si completa in una selezione di libri realizzati da Parmiggiani tra il 1968 e il 1977, provenienti dalla Collezione Maramotti e dalla Collezione CRT. Libri pensati da un artista per il quale la pagina bianca non è fatta per la riproduzione o la documentazione del lavoro, ma è innanzitutto spazio di manifestazione dell’opera e, insieme, primo luogo dell’assenza.
Parmiggiani realizza il video Delocazione nel 1974. Più di dieci anni dopo, nel 1985, in un’intervista con Arturo Schwarz, avrebbe dichiarato: Ho fatto un unico video che tra l’altro non ho mai visto, nel 1972 o forse nel 1973, a Firenze, con Maria Gloria Bicocchi, era un’immagine fissa per quindici minuti, tra l’altro un’immagine assente, l’ombra di un’immagine. Anche qui ancora un no sia all’immagine sia alla funzione fotografica e dinamica dello strumento, era probabilmente una reazione a un azionismo e contorsionismo esasperato in quel periodo, per me era l’equivalente del “silenzio” di Duchamp.