La mostra dell’estate pesarese è dedicata ad uno dei più grandi maestri del XX secolo: Joan Miró del quale è esposta a Palazzo Mosca, Musei Civici di Pesaro, fino al 3 ottobre prossimo, una raccolta di opere grafiche, organizzata dal Comune di Pesaro, Assessorato alla Bellezza e Sistema Museo, in collaborazione con The Art Co. Artista surrealista a tutto tondo, Joan Miró (Barcellona 1893 – Palma di Maiorca 1983) è pittore e scultore ma trova nelle tecniche grafiche il medium ideale per manifestare gli aspetti più inattesi del suo modo di intendere l’arte e la vita; la mostra lo documenta presentando quattro importanti serie, tra le più significative nella sua vasta produzione: “Parler seul” (1948-50), “Quelques Fleurs pour des Amis” (1964), “Ubu Roi” (1966) e “Le Lézard aux plumes d’or” (1971).
Tra i primi libri d’artista, la serie grafica “Parler seul” viene presentata nel 1950 ed è il frutto della collaborazione tra Miró e l’editore Aimé Maeght che aveva messo a sua disposizione i torchi di Fernand Mourlot, il miglior stampatore parigino dell’epoca. Ispirate al testo scritto nel 1945 dal poeta rumeno Tristan Tzara nell’ospedale psichiatrico di Saint-Alban, le litografie nascono come una sorta di dialogo interattivo tra parola e immagine, arrivando a creare una delle prime opere verbo-visive.
Intimo racconto dedicato ai personaggi del mondo dell’arte che hanno fatto parte della vita di Mirò, è l’album “Quelques Fleurs pour des Amis”, edito nel 1964 con prefazione di Eugène Ionesco. Ogni litografia presenta il suo fiore ideale o le sue peculiarità caratteriali ed esistenziali non visibili. Il senso dei Fleurs è dunque gratitudine, amore e ammirazione per amici artisti come Max Ernst, Nina Kandinsky, Henry Matisse, Fernand Mourlot, Marlene Dietricht, ma anche editori e mecenati come i coniugi Maeght.
“Ubu roi” del 1966; probabilmente la serie più interessante dell’intero corpus di opere grafiche dell’artista che si rapporta con un testo teatrale di Alfred Jarry, edito nel 1896 (un’opera anticipatrice di molti degli elementi che saranno alla base del Surrealismo e del Teatro dell’Assurdo). Primo capitolo del “ciclo di Ubu”, a cui seguiranno altre due serie: “Ubu aux Baléares” del 1971 e “L’Enfance d’Ubu” del 1975, “Ubu roi” è una parodia del Macbeth di Shakespeare con riferimenti anche a Re Lear e l’Amleto, alla tragedia sofoclea dell’Edipo Re, all’opera di Rebelais (Pantagruel e Gargantua) fino al Pinocchio di Collodi. Ubu, personaggio parodistico e grottesco, è dispotico, capriccioso e possiede un umorismo grossolano, caratteristiche che ne fanno il prototipo del dittatore del Novecento. Miró lo associa alla figura del despota in patria: Francisco Franco.
Ma c’è anche Miró illustratore di sé stesso. Rispetto ad altri surrealisti come Ernst, Dalí e Magritte, l’artista catalano si è confrontato più raramente con la parola scritta, ma i suoi “Jeux poétiques” apparsi nel 1946 sui “Cahiers d’Art” costituiscono un’eccezione e verranno ripresi a partire dal 1963 e in parte rielaborati nel volume illustrato “Le Lézard aux plumes d’or”, presentato nel 1971.
Il titolo evoca una lucertola dalle piume d’oro, creatura fantastica che attraverso stilizzazioni sempre diverse, emerge dall’opera con uno sguardo o un movimento per poi perdersi di nuovo nella tessitura del colore e delle linee.