Al Centro Culturale di Milano, fino al 26 giugno è allestita la mostra di Giancarlo Cerri, artista ipovedente nato negli anni Trenta a Milano dove da sempre vive e lavora, e questa antologica è dedicata interamente alla forza espressiva del bianco e nero.
La mostra, nata in collaborazione con il Centro Culturale di Milano, vuole essere un omaggio all’incanto del bianco e nero, ricerca dell’essenziale, le due estremità della tavolozza, i “non-colori” che sembrano incapaci di interagire con l’anima ma che invece, come nessun altro, determinano fortissime tensioni emotive.
Artista e grafico pubblicitario sin dagli anni Cinquanta, convinto da sempre che la pittura e la personalità di un pittore si esprimano “in parete”, Giancarlo Cerri ha attraversato appieno gli anni 60/70 dell’arte milanese conoscendone alcuni dei principali protagonisti.
Qui, Giancarlo Cerri presenta 43 opere, la maggior parte disegni a carboncino o inchiostro su carta, divise su quattro sezioni: 20 figure tra ritratti e nudi femminili, 9 tra paesaggi e nature morte, 8 sequenze e 6 dipinti di arte sacra. I lavori presenti a Milano, molti dei quali mai esposti sino ad ora, sono stati tutti realizzati tra gli anni Sessanta e il 2004, anno in cui la grave maculopatia ha costretto l’artista prima a rallentare e poi a fermare per oltre dieci anni la propria attività pittorica.
Il bianco e nero possono essere entrambi sinonimi di eleganza, assolutezza e purezza, oppure l’uno l’opposto dell’altro, luce e ombra, idea di unione versus idea di vuoto. Tuttavia, per Giancarlo Cerri c’è un colore onnipresente e onnipotente che lo ha sempre accompagnato nella sua crescita artistica, il nero, fondamentale per un pittore come lui che intende la pittura come energia.
Nei suoi quadri l’artista mutua l’uso del nero a seconda dei soggetti, anche perché, come ha sempre sottolineato, per lui si deve parlare di Neri, al plurale, in quanto il nero viene di volta in volta rielaborato con l’inserimento dei colori primari rosso, blu e giallo.
Il gruppo più ampio delle opere esposte a Milano sono 20 disegni su carta fra ritratti di donne e nudi femminili dove l’uso del nero, una volta scevro il campo dalla distrazione del colore, ne esalta la sensualità di una curva del corpo o semplicemente di uno sguardo.
Sara, Ester, Maddalena sono i nomi di volti e di corpi di giovani donne catturate con pochissimi, sicurissimi tratti, a racchiudere misteri e non detti di donne che erano l’espressione di una nuova femminilità che avanzava, evidente nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta, e che Giancarlo Cerri ha decisamente saputo imprimere sulla carta.
Il secondo gruppo di opere in mostra comprende 9 lavori di paesaggi e nature morte, tutti realizzati tra gli anni Sessanta e Ottanta, dei quali 7 su carta (5 paesaggi e 2 nature morte), e 2 studi su tela (1 cava e 1 foresta), dove è chiara la vocazione informale dell’artista e dove i segni agiscono in maniera forte e decisa sul sistema percettivo di chi guarda.
Le ultime due sezioni della mostra sono invece composte da 8 sequenze, disegni astratti su tela degli anni Novanta, sviluppo consequenziale delle ricerche naturalistiche del decennio precedente ed approdo all’astrazione pura, dove ciò che conta non è più il racconto ma l’immagine, e da 6 opere di arte sacra, cinque su tela e un disegno su carta applicato su tavola, nate da quell’11 settembre 2001 che ha cambiato per sempre l’Occidente.