Riapre il Palazzo di Città, Musei Civici di Cagliari con la mostra “Si aspetta la luna. Dialoghi tra i colori di Eva Fischer”, una retrospettiva che ripercorre tutti i momenti pittorici che hanno contraddistinto l’ultima testimone della scuola romana del dopoguerra. Eva Fischer avrebbe compiuto 100 anni lo scorso 19 novembre.
In questa mostra, aperta fino al 17 ottobre, sono esposte 140 opere che raccontano la storia culturale del secolo scorso ma anche la storia personale di un’artista e di una donna passata attraverso i dolori dell’Olocausto, della deportazione.
La mostra, spiegano i curatori, vuole raccontare la forza dell’artista ma anche della figura femminile, come ha precisato il figlio Alan David Baumann: “Visitando questa mostra sento la presenza di mia madre. Una terra, la Sardegna, alla quale siamo molto legati: mia madre ha dipinto molto nell’isola”.
L’esposizione di Palazzo di Città presenta al pubblico il lavoro dell’artista dalle influenze legate alle chiacchierate co colleghi e amici come Picasso, Dalì, Chagall, De Chirico, alla personalizzazione della bicicletta che arricchì la sua fama internazionale. Dalla descrizione dei paesaggi mediterranei, con particolare attenzione all’amata Sardegna. C’è naturalmente anche il dolore della Shoah. Ci sono anche autoritratti e immagini delle orchestre dei primi anni ‘50 e le trasposizioni in pittura delle composizioni dell’amico Ennio Morricone. A tutto questo si aggiungono anche i bozzetti che Eva Fischer dipinse per creare le Vetrate del Museo Ebraico di Roma, su concessione della Comunità Ebraica della capitale.
Il titolo della mostra è legata a un episodio del 1954, immortalato in giro per il mondo da alcune testate giornalistiche, nel quale Eva, “armata” di cavalletto, tele, colori e tavolozza, si era posizionata per raffigurare la luce riflessa dalla luna nella celebre piazza Navona di Roma. “C’è molta passione – ha detto il fratello Roberto, 91 anni fra due giorni – ho visto quasi tutte le sue mostre, ma qui ho notato davvero questo grande amore per l’opera di mia sorella”.