Al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce di Genova, fino al 22 agosto è allestita un’ampia retrospettiva dell’artista ceco naturalizzato olandese Tomas Rajlich, in dialogo con alcune opere chiave della collezione museale (dall’astrattismo del secondo Dopoguerra alle ricerche percettiviste e preconcettuali degli anni Sessanta, fino all’arte Optical e alla Nuova Pittura – Pittura analitica – dagli anni Settanta e Ottanta).
La mostra, a cura di Cesare Biasini Selvaggi, accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale con contributi di Flaminio Gualdoni e Martin Dostál, presenta attraverso oltre ottanta opere una panoramica inedita del peculiare percorso artistico e della vitalità espressi dalla pittura aniconica.
La mostra è prodotta dal Comune di Genova e realizzata in collaborazione con ABC-Arte, galleria d’arte contemporanea di Genova.
Il percorso espositivo delle opere di Tomas Rajlich, che documentano oltre mezzo secolo di ricerca, parte dagli esordi nella scultura degli ultimi anni Sessanta, per concludersi con i suoi lavori più recenti, con le loro variazioni sull’intensità, la luminosità e la consistenza della pittura stessa, attraverso sensibilissime texture di materia-colore.
Un avvicendarsi di lavori di sala in sala, a confronto e in dialogo con una selezione di preziose opere appositamente allestite di maestri italiani dell’astrattismo, provenienti in gran parte dalla collezione del Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce: Getulio Alviani, Rodolfo Aricò, Agostino Bonalumi, Enzo Cacciola, Antonio Calderara, Nicola Carrino, Gianni Colombo, Pietro Consagra, Dadamaino, Piero Dorazio, Lucio Fontana, Marco Gastini, Giorgio Griffa, Riccardo Guarneri, Paolo Icaro, Osvaldo Licini, Piero Manzoni, Fausto Melotti, Bruno Munari, Martino Oberto, Claudio Olivieri, Arnaldo Pomodoro, Mauro Reggiani, Antonio Scaccabarozzi, Paolo Scheggi, Turi Simeti, Atanasio Soldati, Giuseppe Uncini, Nanni Valentini, Claudio Verna, Gianfranco Zappettini.
Il focus sulla ricerca aniconica italiana è stato deciso dallo stesso Rajlich, in relazione agli spazi espositivi di Villa Croce e a quegli artisti che, dagli anni Cinquanta, hanno lavorato in modo più radicale sull’astrazione e sull’uso minimalista del colore. Sono esposti, per esempio, lavori come “Achrome” (1958) di Piero Manzoni, “Cementarmato” (1960) di Giuseppe Uncini, “Uovo nero orizzontale” (1961) di Lucio Fontana, “Bianco” (1967) di Agostino Bonalumi, “Tema II” e “7 variazioni” (1969-70) di Fausto Melotti.