A Palazzo Roverella di Rovigo, fino al 4 luglio è esposta la mostra dedicata ai rapporti tra arti visive e musica, dalla stagione simbolista fino agli anni Trenta del Novecento, realizzata a cura di Paolo Bolpagni, promossa e organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con l’Accademia dei Concordi e il Comune di Rovigo.
Bolpagni ricorda come, “alla fine del XIX secolo, si assista all’affermarsi in tutta Europa di un filone artistico che si ispira alle opere e alle teorie estetiche di un compositore carismatico e affascinante come Richard Wagner: i miti nibelungici, la leggenda di Tristano e Isotta, l’epopea del Graal, il tutto spesso condito di implicazioni esoteriche.
A partire dal primo decennio del Novecento, però, la riscoperta di Johann Sebastian Bach e il fascino esercitato dalla purezza dei suoi contrappunti vengono a sostituirsi al modello wagneriano, non solamente in campo musicale. Infatti, il cammino in direzione dell’astrattismo troverà riscontro nell’aspirazione della pittura a raggiungere l’immaterialità delle fughe di Bach, alluse nei titoli delle opere di Vasilij Kandinskij, Paul Klee, František Kupka, Félix Del Marle, Augusto Giacometti e molti altri”.
Del resto, se è vero che il wagnerismo non esaurisce la questione per quanto concerne l’età simbolista, qualche anno prima dell’esplosione degli “ismi” la Secessione viennese conobbe un momento fondamentale nella mostra del 1902 dedicata a Ludwig van Beethoven, che aveva come fulcro il famoso Fregio di Gustav Klimt ispirato all’Inno alla gioia della Nona sinfonia.
Poco dopo sarebbero arrivate le avanguardie. Nel Cubismo emerge l’orientamento dei pittori a prediligere come soggetti gli strumenti musicali. Nel Futurismo ha una grande importanza la componente sonora: Luigi Russolo, oltre che artista visivo, fu compositore e inventò gli “intonarumori”.
È con Vasilij Kandinskij e con Paul Klee, però, che la musica diventa davvero centrale, facendosi paradigma di una pittura che vuole liberarsi definitivamente dal concetto di rappresentazione. Negli anni del Bauhaus, peraltro, entrambi, allora colleghi di insegnamento, sperimentarono la traduzione grafica di ritmi e melodie in linee, punti e cerchi.
Anche nel Neoplasticismo troviamo una presenza importante della musica, in particolare come richiamo, in opere di Piet Mondrian e Theo van Doesburg, ai ritmi della danza moderna.
La stagione delle avanguardie storiche è chiusa dal Dadaismo e dal Surrealismo, dove la componente sonora si manifesta in vari modi: con Kurt Schwitters nella Ursonate, con Francis Picabia nel celebre capolavoro “La musica è come la pittura”, mentre Salvador Dalí ci offrirà esempio di riferimento al pianoforte in funzione di un automatismo psichico esercitato in assenza del controllo della ragione, per svelare l’autentico funzionamento del pensiero.
Ad essere evidenziata in questa mostra è la lunga storia di relazioni, intrecci e corrispondenze; le infinite, originali sfaccettature delle interazioni tra l’elemento musicale e le arti visive; proponendo esempi emblematici di entrambe le arti, creando così una mostra-spettacolo di assoluto fascino.