CreArt2 – What would happen if?


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Fino al 17 marzo prossimo, a Genova nei prestigiosi spazi di Palazzo Ducale è allestita la mostra “What would happen if? The choice of build an alternative future”, nella quale sono esposte le opere di 15 giovani fra artisti e collettivi selezionati nell’ambito del progetto europeo CreArt e che offrirà, data la situazione pandemica attuale, una visita guidata online. Alla mostra collettiva “What would happen if? The choice of build an alternative future” (“Cosa accadrebbe se? La scelta di costruire un futuro alternativo ”) che dopo Aveiro (Portogallo) e Genova raggiungerà Skopje (Macedonia), prendono parte artisti di tutte le città partner del progetto, scelti dal Curatore, Pietro Della Giustina, selezionato da una rosa di Curatori della rete CreArt.


Si tratta di un progetto multidisciplinare che incoraggia gli artisti e i collettivi partecipanti a pensare ad eventi sia storici sia attuali e come questi abbiano influenzato la loro vita. Invece di voler essere una revisione critica della storia, la mostra mira a formulare nuove narrazioni. La costruzione di immaginari alternativi è il mezzo necessario per evadere dalla realtà e sperimentare scenari fantastici in cui poter vivere un mondo e un tempo diverso.
Ispirandosi al genere narrativo dell’ucronìa, strumento che permette di speculare su ciò che sarebbe (o non sarebbe) potuto accadere, gli artisti della mostra si proiettano nell’invenzione di contesti paralleli. Il lavoro di Stefano Serretta si diffonde come un parassita attraverso le finestre dello spazio espositivo: unendo messaggi trovati su piattaforme di comunicazione online con figure mostruose e grottesche, l’artista disegna un universo distopico segnato da sentimenti di ansia sociale e controllo autoritario. Un’atmosfera simile è interpretata da Szymon Popielec con l’installazione Temple (2019-2020). Una parata di soldatini di plastica dai colori sgargianti, ma con connotazioni tetre e spaventose, evoca scenari fumettistici di guerra e tirannia. La relazione dell’uomo con gli oggetti è sviluppata nella video installazione di Valentine Traverse e Sarah Vigier. Un’atmosfera più positiva si respira nel progetto Pouen (2020) del collettivo d’artisti francese Bernard. L’opera è un archivio di Pouen, una città ideale immaginata al centro di una rotonda, luogo dedicato ad attività di ricerca e dialogo che, umoristicamente, rimanda a Rouen, città natale degli artisti. Vesna Salamon presenta Extreme Planet Makeover (2017), una serie di light box ispirata a un’applicazione della NASA che, valutando i danni dell’impatto umano sulla natura, ci proietta in un futuro dove l’umanità colonizzerà altri pianeti per perpetuare la specie.
Il video LUNA (2020) di anti-cool propone una stratificazione di immagini e suoni in cui l’artista esplora la natura ciclica della vita sulla terra, l’effetto della luna piena sulla natura e sulla riproduzione umana. Immergersi nella natura e osservare da vicino i suoi elementi è l’intento di Forest Therapy (2020) di Aiste Ambrazeviciute. L’installazione partecipativa di Rodrigo Malvar Jungle Courage (2019-2020) esamina le nozioni di sostenibilità, biodiversità e qualità della vita nello spazio urbano.
Evidenziando la necessità di dialogo e di scambio culturale, Jorge Peligro propone un paesaggio urbano in continua evoluzione composto da un collage di immagini di città europee. Gli artisti Serena Grassi, Darko Aleksovski e Jean Roméo Kamptchouang riflettono sulla memoria personale, il loro passato e le loro esperienze pregresse. Il collettivo macedone OPA (Obsessive Possessive Aggression) e il collettivo francese Polymorphe sviluppano discorsi più legati alla sfera pubblica e sociale.

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