Questa mostra nasce, innanzitutto, con l’intento di rendere un omaggio a due figure per molti versi fondamentali della storia parmense: Maria Luigia d’Asburgo, Duchessa di Parma, e l’incisore Paolo Toschi e vuole anche essere una soluzione virtuosa di un problema allestitivo di lunghissima data.
Il Correggio di questi spazi è un Correggio reinventato dal XIX secolo, a uso dei copisti dell’Accademia.
Intorno ai quattro capolavori del Correggio: “La Madonna con la scodella” e la “Madonna di San Girolamo” più le due tele provenienti dalla Cappella del Bono, la mostra presenta anche il meglio della produzione ottocentesca del Ducato, nell’epoca in cui questo Correggio “secolarizzato” diventa l’eroe della pittura nazionale parmigiana.
Andando alle date, dopo il 1815 il Palazzo della Pilotta rappresentò un rifugio adatto per accogliere il patrimonio d’arte che doveva essere ricomposto e valorizzato e per tale motivo si rese necessario effettuare un rilievo delle sale della Rocchetta e dei locali dove aveva sede l’Accademia di Belle Arti oltre che progettare l’ampliamento dello spazio espositivo nei vasti saloni adiacenti la Rocchetta. I lavori di ampliamento iniziano nel 1821 e terminano tra il 1835 ed il 1838.
Ad unire il maestro rinascimentale e i capolavori ottocenteschi è Paolo Toschi, incisore raffinato, architetto e direttore dell’Accademia delle Belle Arti, fondata nel 1757 dal duca Filippo di Borbone, poi fortemente sostenuta dalla Duchessa. Toschi ottenne che le due pale e le due tele diventassero strumento di esercizio per gli allievi della sua Accademia. Toschi aveva diffuso, grazie alle incisioni su rame, l’opera di Correggio in tutta Europa, contribuendo alla fama del maestro e della città. Molte delle sue opere e dei suoi allievi sono perciò esposte in queste sale in contrappunto con gli originali rinascimentali, restituendo al visitatore il senso di una reinvenzione culturale e artistica di primaria importanza per la storiografia dell’arte italiana.
La sua era una visione dell’arte di Maria Luigia, che risentiva di un gusto neoclassico di ascendenza ancora imperiale, aperta però al nascente gusto romantico per i soggetti storici e per la natura. In mostra, appartiene al primo filone l’opera di Francesco Scaramuzza rappresentata da una monumentale Silvia e Aminta. Più di gusto romantico sono i due Rebel acquistati direttamente da Maria Luigia, le due monumentali tele di Giuseppe Molteni, altro pittore “ufficiale” del ducato luigino mentre la piccola opera di Ferdinando Storelli rappresenta l’estetica di quella che la duchessa volle una longeva e significativa scuola parmense di pittura di paesaggio.
Uno degli ambiti in cui si espresse maggiormente la committenza luigina fu senz’altro quello della pittura religiosa, improntata a una concezione paternalista dello Stato. Nel corso della storia la riproducibilità tecnica delle opere d’arte, è stata sperimentata nelle metodologie della fusione del bronzo, del conio delle monete, della xilografia e della litografia come riproduzione della grafica e, della stampa come riproducibilità tecnica della scrittura. Con l’invenzione della fotografia, le cui prime sperimentazioni iniziarono a diffondersi in Italia dal 1839, proprio quando Toschi dava inizio alla mirabile impresa dei “Freschi” di Correggio. Ecco che la pittura di paesaggio risulta focalizzata ormai sulle forze che caratterizzano la universale vastità del reale. Le tele di Alberto Pasini, come i diaporama del tempo, riproducono in chiave immersiva i paesaggi esotici in cui si svolgeva la vita dei popoli più remoti. Cecrope Barilli intanto ricerca l’esotico nascosto nel primitivo di classi popolari dedite a forme di esistenza analoghe a quelle delle terre colonizzate. Ed è già un entrare nel nuovo secolo.
Per precisa scelta strategica del Direttore Simone Verde, questa mostra, dopo il periodo espositivo si trasformerà in sezione definitiva della grande pinacoteca della Nuova Pilotta. Alle pareti resteranno le opere con i relativi pannelli espositivi, mentre l’ampio corredo documentario di approfondimento e confronto proposto dalla mostra temporanea resterà documentato dal catalogo dell’esposizione.